L’intervento – di Concetto Alota –
Ancora un attentato con una bomba carta contro il proprietario di una Smart nella zona alta della città. Le intimidazioni in sequenza continuata confermano quanto contenuto nell’ultima relazione al Parlamento della Dia. Anche se si tratta di nuove leve, tra i reati che insistono da sempre nel territorio siracusano, si conferma l’associazione a delinquere di stampo mafioso e l’associazione finalizzata al commercio di droga, allo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, all’estorsione, i furti, le truffe e le rapine, le ultime per fortuna in forte calo negli ultimi anni. Il costante impegno degli uomini di polizia, carabinieri e guardia di finanza che si occupano delle indagini, con una decisa strategia di contrasto ai fenomeni di criminalità comune e organizzata adottata dalle forze di polizia sotto l’egida della Procura della Repubblica, è decisa e puntuale.
La nuova strategia caratterizzata dalla rinuncia a clamorosi atti di sangue del passato, non ha comportato la scomparsa dell’attività storica della criminalità nel territorio siracusano. La malavita organizzata è stata sempre presente, ma quella mafiosa e violenta a Siracusa si è conformata agli inizi degli Anni Settanta e fino alla fine agli Anni Novanta, nella prima fase, per continuare fino al 2007 quando arriva la risposta forte e decisa dello Stato, ma l’attività criminale non si è mai fermata, con la riorganizzazione dei clan fino ai nostri giorni.
In quegli anni bui, scoppia una cruenta guerra tra i clan che si conforma con l’uccisione di oltre 70 persone e circa 30 feriti, oltre ai tantissimi attentati con allo sfondo l’estorsione e diretti al condizionamento della politica per ricavarne un profitto, oltre che economico, di potere sul territorio.
Il silenzio e la vecchia nomea della provincia “babba” sono ricordi del passato. È la cronaca che conferma siffatta condizione. I tempi cambiano e i clan, utilizzando le relazioni interconnesse con i palazzi del potere e con i soldi pubblici, sono sempre stati presenti nell’economia sommersa della città, influenzando fortemente il rapporto sociale tra la collettività, i malavitosi e parte della politica.
Lo sviluppo temporale dei clan mafiosi nella realtà urbana siracusana, come potere ampiamente indipendente, ha da sempre trovato nuovi alimenti soprattutto nel clientelismo politico, fino a costituirne una vera industria del crimine che, con violenza crescente e mostrando notevole adattabilità, ha esteso la propria influenza all’intera realtà sociale ed economica, condizionando perfino l’attività politica dall’interno delle istituzioni, sfruttando la speculazione edilizia, il controllo dei mercati, gli appalti delle opere pubbliche, e fuori dalle mura della gestione della cosa pubblica nel cuore della collettività attraverso il crescente mercato della droga, l’estorsione, il gigantesco giro del gioco d’azzardo a tutti i livelli, la prostituzione, l’usura e tanto altro ancora.
Agli inizi degli Anni Settanta con la fusione dei clan nasce un solo autorevole sodalizio mafioso con tutti i crismi necessari per gestire in piena autonomia la totalità delle attività illecite in città, estendendo tale potere nel breve tempo all’intera provincia con l’entrata in gioco di altri personaggi della malavita organizzata di spessore. Si arriva al controllo della gestione del crimine organizzato e di tutte le attività illecite, alla stregua dei clan della mafia di vecchio stampo e antica memoria; è il lavoro quotidiano. Ma nel 1981 i già precari equilibri sono scardinati con la scissione di due distinti gruppi autonomi. Da lì a poco il controllo delle attività illecite passa di mano in mano.
Gli accordi della spartizione non bastarono a calmare gli animi degli attori; le faide presero il sopravvento e la prima scusa diventò l’occasione per iniziare una lunga e spietata guerra che porterà negli anni alla fine dei clan mafiosi siracusani, con tanti morti ammazzati e feriti, con un ritmo impressionante della fine di boss e gregari. Nel volgere di appena un mese, ben quaranta ordigni furono fatti esplodere nel capoluogo e in alcuni paesi viciniori, contro attività commerciali e imprenditoriali a tutti i livelli; uomini politici delle istituzioni sono presi di mira con bombe ad alto potenziale fatte esplodere sia nelle loro abitazioni in città e al mare, sia nelle segreterie politiche private, compreso le minacce ai diretti interessati senza tanti preamboli e dai quali riceveranno una valanga di soldi e appalti mirati.
La malavita organizzata siracusana diventa mafia; è stata da sempre legata ai clan catanesi, i clan dei Laudani (“mussu i ficurinia”) e Santapaola-Nardo. Imperava in tutta la Provincia di Siracusa ben organizzata in clan formati da uomini spietati. L’intervento della magistratura con una ventina di ordini di cattura, fermò momentaneamente quel programma delittuoso.
L’ultima relazione della Dia riporta come in provincia di Siracusa il panorama delle organizzazioni criminali non mostra sostanziali mutamenti delle strutture, degli assetti e delle aree di incidenza. Nonostante le indagini condotte nel tempo abbiano consentito di trarre in arresto esponenti di primo piano dei gruppi criminali, l’operatività̀ delle consorterie non può dirsi sopita. Tangibili appaiono le influenze di cosa nostra catanese.
Il territorio risulta caratterizzato dalla presenza di due macro gruppi di riferimento che spendono la loro influenza in ambiti geografici ben definiti. Nel quadrante nord di Siracusa risulta presente il gruppo Santa Panagia che costituisce una frangia cittadina della ramificata compagine Nardo-Aparo-Trigila collegata alla famiglia Santapaola- Ercolano di cosa nostra catanese. Nel contesto urbano figura anche il sodalizio dei Bottaro-Attanasio legato al clan Cappello di Catania e molto attivo nelle estorsioni e nello spaccio di droghe che risulta essere la principale fonte di guadagno per tutte le consorterie. In effetti, gli esponenti di vertice dei citati clan seguirebbero una logica di spartizione territoriale per gestire in autonome piazze di spaccio stupefacenti forniti prevalentemente dai sodalizi mafiosi etnei.
Le investigazioni hanno fatto emergere anche una singolare “campagna pubblicitaria” condotta sui principali social network con la realizzazione di veri e propri spot di invito all’acquisto presso la piazza di spaccio. Come si evince dagli atti della citata operazione “Demetra” si trattava di “…Una forma di outing della stessa associazione, laddove la protervia e la sicurezza di sé, mischiate alla cecità di quel che anche lontanamente puo apparire la vita “legale”, ha fatto sì che gli stessi indagati si pubblicizzino come una qualsiasi azienda. Nello spot, diffuso nel web, viene appunto pubblicizzata la piazza di spaccio …. Nel video sono finanche raffigurati i luoghi di spaccio nonché immagini ritraenti alcuni degli indagati…”. Sono state evidenziate anche estorsioni ai danni di venditori ambulanti, praticate “… fondando la richiesta sulla necessità di provvedere alle esigenze economiche dei detenuti in carcere e dei loro familiari, sul presupposto abnorme che, a causa della presenza degli ambulanti, il gruppo è stato costretto a interrompere, ogni mercoledì mattina, l’attività di spaccio sull’area in questione. Il denaro richiesto ai commercianti avrebbe compensato il mancato introito causato dalla temporanea sospensione della vendita di stupefacente…”.
Un rapporto ravvicinato esisterebbe tra Siracusa, Catania e Palermo, dove i carabinieri hanno eseguito l’OCC 5938/18 RGNR e 2306/19 RG GIP, emessa dal GIP del Tribunale di Siracusa nei confronti di 11 persone, a vario titolo ritenute responsabili di spaccio di hashish, marijuana e cocaina.