L’UNHCR chiede all’Australia di intervenire per salvare vite a rischio imminente

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) fa appello al governo australiano affinché intervenga oggi stesso con misure urgenti a favore di tutti i rifugiati e richiedenti asilo che si trovano in Papua Nuova Guinea e Nauru. L’UNHCR esprime apprezzamento per gli sforzi di medici, esperti indipendenti, avvocati ed esponenti politici di ogni corrente, volti ad evidenziare il costo umano della “gestione esternalizzata” delle domande e le conseguenze che questa ha comportato nelle ultime settimane. Tale impegno riflette il crescente riconoscimento del rischio imminente e critico al quale sono esposte delle vite umane, nonché la crescente preoccupazione della comunità. Ciononostante, non è stata ancora adottata alcuna misura decisiva.

L’evacuazione immediata dei rifugiati e dei richiedenti asilo da Papua Nuova Guinea e Nauru all’Australia non richiede alcun emendamento legislativo. Inoltre, le limitazioni alla libertà di circolazione e qualsiasi trattamento differenziato dei rifugiati non solo non sono necessari, ma sono anche contrari ai principi fondamentali della protezione dei rifugiati [1]. Per prevenire ulteriori morti e danni a uomini, donne e bambini innocenti, si rende necessaria un’azione congiunta e fondata su un chiaro imperativo umanitario.

“Ovviamente i bambini sono una priorità, ma sia in Papua Nuova Guinea che a Nauru ci sono molti altri uomini e donne estremamente vulnerabili che non devono essere dimenticati”, ha esortato il rappresentante regionale dell’UNHCR, Thomas Albrecht. “L’Australia ha sia la capacità che la responsabilità di agire oggi stesso per la salvezza di queste vite”.

Trasferire unicamente i bambini e le loro famiglie non rappresenterebbe una soluzione alla difficile situazione nella quale si trovano altre persone con bisogni medici urgenti, molte delle quali erano ancora minori all’epoca del loro invio forzato a Nauru, più di cinque anni fa. Allo stesso modo, la situazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Papua Nuova Guinea e Nauru è al momento così drammatica che evacuare solo alcune persone accentuerebbe la disperazione e acuirebbe i gravi rischi per la salute mentale delle persone costrette a restare.

Già nel 2016 i consulenti medici dell’UNHCR avevano riscontrato che i tassi cumulativi di depressione, ansia e disturbo post traumatico da stress tra la popolazione intervistata in entrambi i paesi superavano l’80%. Da allora, la situazione è in continuo deterioramento.

Le condizioni dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Papua Nuova Guinea e a Nauru sono completamente diverse da quelle dei cittadini dei due paesi e delle persone che vi sono migrate volontariamente. I bisogni peculiari di persone fuggite da guerre e persecuzioni, trasferite con la forza, detenute e soggette a condizioni spaventose, richiedono un intervento intensivo che, molto semplicemente, non è disponibile a livello locale. Ciò non sminuisce in alcun modo i molteplici sforzi effettuati in buona fede dei governi della Papua Nuova Guinea e di Nauru o il calore e l’ospitalità dimostrati dalla popolazione locale.

Contesto

A partire dall’introduzione nel 2013 delle attuali politiche in materia, circa 3.000 rifugiati e richiedenti asilo sono stati forzatamente trasferiti dall’Australia nelle cosiddette strutture di “gestione esternalizzata” in Papua Nuova Guinea e a Nauru. Di questi, circa 800 si trovano ancora a Nauru e 650 in Papua Nuova Guinea.

I rifugiati e i richiedenti asilo sono stati inizialmente trattenuti in centri di detenzione chiusi, prima che il Centro di Detenzione Regionale di Nauru e il Centro di Detenzione Regionale dell’isola di Manus diventassero strutture più aperte, rispettivamente nel 2015 e nel 2016. Nell’aprile 2016, la Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha constatato che il regime di detenzione sull’isola di Manus violava il diritto alla libertà come stabilito dalla Costituzione della Papua Nuova Guinea.

Le circostanze e le condizioni in cui vivono i rifugiati soggetti alla politica australiana di “gestione esternalizzata” hanno avuto effetti profondamente negativi sulla salute e, cosa di particolare rilievo, sulla salute mentale. Nel corso del 2016, esperti medici dell’UNHCR hanno riscontrato che i tassi cumulativi di depressione, ansia e disturbo post traumatico da stress tra i rifugiati forzatamente trasferiti in Papua Nuova Guinea e a Nauru erano superiori all’80% in entrambi i Paesi: ad oggi i tassi più alti mai registrati nella letteratura medica [2]. Vari esperti medici hanno riscontrato che la salute dei rifugiati da allora si è ulteriormente deteriorata.

Il governo dell’Australia attualmente appalta ai Servizi sanitari e medici internazionali (IHMS) la fornitura di una limitata assistenza sanitaria ai rifugiati e ai richiedenti asilo che si trovano a Nauru, e all’Ospedale internazionale del Pacifico per coloro che si trovano in Papua Nuova Guinea. I rispettivi sistemi sanitari locali, sui quali la maggior parte dei rifugiati è costretta a fare affidamento dopo ore di attesa, dispongono di scarse risorse e sono sotto organico in entrambi i Paesi. Sull’isola di Manus i servizi di consulenza per le vittime di tortura e traumi sono stati sospesi a seguito del ritiro del governo australiano nell’ottobre 2017. A Nauru, il sostegno alle vittime di tortura e traumi è disponibile solo per coloro che hanno subito un trauma prima dell’arrivo in Australia. Il 6 ottobre 2018, la sezione internazionale di Medici senza Frontiere (MSF International) ha sospeso l’assistenza sanitaria a Nauru, sia ai cittadini che ai rifugiati, a seguito di un’ordinanza del governo. L’organizzazione ha richiesto l’immediata evacuazione medica da Nauru di tutti i rifugiati e richiedenti asilo, riportando negli ultimi 11 mesi almeno 78 casi di tentato suicidio, tendenze suicide e episodi di autolesionismo tra i propri pazienti a Nauru.

Nel maggio 2018, il governo australiano ha dichiarato che al 30 giugno 2017, 494 persone erano state rinviate da Papua Nuova Guinea e Nauru in Australia per motivi medici [3]. Queste persone continuano tuttavia a soffrire degli effetti negativi della “gestione esternalizzata”. In seguito al trasferimento medico, alcuni sono stati ufficialmente detenuti in centri di detenzione in Australia, cosa particolarmente dannosa in caso di problemi psichici. L’attuale politica non offre loro alcuna soluzione a lungo termine in Australia, e li lascia esposti al rischio di essere rinviati a Nauru o in Papua Nuova Guinea in futuro. Queste persone vivono nella costante minaccia di ritornare nel luogo in cui sono state detenute per anni e dove non sono disponibili adeguati servizi di assistenza e soluzioni a lungo termine. L’UNHCR ha esortato con forza il governo australiano a non trasferire nessuno in Papua Nuova Guinea o a Nauru.

Secondo un accordo bilaterale tra l’Australia e gli Stati Uniti, annunciato a novembre 2016, 1.250 rifugiati verranno trasferiti da Nauru e Papua Nuova Guinea agli Stati Uniti. Al mese di ottobre 2018, per un numero simile di uomini, donne e bambini non si prospettano ancora soluzioni adeguate.

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