Messina – “Sistema Siracusa”.
Il tribunale del riesame di Messina ha depositato il 13 aprile le motivazioni riguardanti l’ordinanza con cui ha rigettato le richieste presentate dai legali difensori degli indagati coinvolti nell’ambito della vicenda giudiziaria denominata “Sistema Siracusa”. Un atto che dà adesso la possibilità alle parti di prendere visione delle motivazioni per l’eventuale ricorso davanti alla Corte di cassazione.
Il tribunale della libertà, presieduto da Massimiliano Micali, a latere Antonino Genovese e Giuseppe Miraglia, come si ricorderà, ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dagli avvocati Piero Amara, Giuseppe Calafiore, dal magistrato Giancarlo Longo, dal giornalista Giuseppe Guastella, dai consulenti tecnici dei consulenti Mauro Verace, Vincenzo Naso e Francesco Perricone, e dall’imprenditore Alessandro Ferraro.
I giudici del riesame ritengono “pienamente condivisibile” “il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Gip del tribunale di Messina” in ordine al fatto che vi fosse “una sistematica opera di mercificazione della funzione esercitata alla quale il magistrato non ha esitato a dare corso ad esclusivo vantaggio degli interessi, non solo economici, riconducibili ai professionisti sodali”. Di contro, il tribunale sottolinea come “nessuna delle doglianze offerte dai difensori degli indagati sia apparsa qualificata da una sia pur modesta capacità demolitiva delle considerazioni critiche poste a corredo del provvedimento” del giudice di prime cure.
Per il tribunale del riesame, una delle “pietre angolari” della vicenda è quella relativa alla vacanza negli Emirati arabi uniti nel Capodanno del 2014, quella in cui ha partecipato l’ex pm Longo, con spese anticipate dall’imprenditore Centofanti, che ha poi riportato i conteggi su un manoscritto. Scrive il tribunale che questi fatti “nessuno degli indagati si è dimostrato in grado di contrastare con argomenti dotati anche di mera valenza suggestiva”. I giudici ritengono “proposta evanescente” quella avanzata dal magistrato “in merito a un asserito pagamento in contanti, avvenuto nel corso e alla conclusione della vacanza, relativo alle somme anticipate nel suo interesse dal Centofanti”. Sulle vicende relative ai procedimenti penali “pilotati”, il tribunale del riesame ritiene che la condotta dell’ex pm sia stata una “volontà dell’indagato di piegare la propria funzione alla tutela di interessi privatistici, ciò a costo di violare le più basilari regole processuali”.
La vicenda che i giudici di Messina sostengono essere “la più inquietante” è quella relativa al presunto complotto ordito ai danni dell’amministratore delegato dell’Eni, Claudio De Scalzi; in particolare, i giudici ritengono che l’ex pm abbia “provveduto improvvidamente ad autoassegnarsi”, il fascicolo scaturito dalla denuncia presentata nell’agosto 2015 da Ferraro.
Per quanto riguarda i versamenti effettuati dal magistrato Longo sui conti correnti a lui intestati, mentre la difesa sostiene che costituirebbero solo il risultato di ordinarie movimentazioni legate a generose sovvenzioni da parte di familiari, i giudici del riesame ribattono che questi “sottendano inevitabilmente una causale illecita, non essendo possibile immaginare un diverso percorso interpretativo, alternativo a quello rappresentato, che appaia dotato di un sia pur minimo grado di persuasività”. Il confronto continuerà davanti alla Suprema corte a cui i legali degli indagati hanno annunciato di volere ricorrere.
C.A.