Morì colpita da un sasso mentre percorreva la riserva di Cavagrande: eredi risarciti

Hanno dovuto attendere 20 anni i familiari di una donna, deceduta per essere stata colpita da un costone roccioso staccatosi dalla parete di Cavagrande di Cassibile, per ottenere il risarcimento dei danni. Il giudice monocratico del tribunale di Catania ha emesso la sentenza che fa luce sul decesso di Paola Dugo ad oltre vent’anni dalla sua scomparsa.

L’incidente è avvenuto nel 1999, a seguito del distacco di un costone roccioso che, secondo quanto sancito dal giudice Pappalardo, è stato causato dall’omissione dei controlli e delle cure dell’area demaniale aperta al pubblico e sottoposta alla custodia del Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali.

L’incidente si è verificato l’11 aprile 1999 quando la vittima stava percorrendo uno dei sentieri aperti al pubblico nell’area di Cava Grande di Cassibile. Dal costone roccioso della montagna si è staccato un masso che ha colpito la malcapitata provocandone la morte per emorragia. Come scrive il giudice nella sentenza, il tutto è accaduto “nell’assoluta carenza di misure di sicurezza e di idonei soccorsi”. Nel merito, il legale dell’Assessorato regionale all’Agricoltura ha eccepito l’impossibilità di operare controlli efficaci nella riserva e l’assenza di prova che il fatto sia avvenuto in zone appartenenti al demanio regionale. In via subordinata hanno eccepito il concorso di colpa. Per il giudice persiste una consolidata giurisprudenza in materia di responsabilità per custodia che opera anche nei confronti della pubblica amministrazione. Nel caso specifico, la gestione della riserva di Cavagrande rientra tra le competenze dell’assessorato regionale all’Agricoltura, tanto da affidarla a sua volta all’azienda foreste demaniali della Regione siciliana.

Il giudice ha preso in considerazione le relazioni del consulente tecnico Francesco Maria Dugo che ha stabilito che la Dugo sia stata colpita da una frana da crollo “in presenza di un versante intaccato e degradato dalle azioni erosive congiunte dell’acqua e del vento, mentre il geologo Francesco Nardi, ha spiegato che su quella parete rocciosa “esistevano diverse zone in precarie condizioni di stabilità sia per il rischio di distacco di lame dovuto alla spinta delle radici delle specie vegetali che si annidano all’interno dei fori e delle fessure presenti nella roccia”.

La pericolosità dei luoghi trova oggi riscontro on un’interdizione dell’area mentre il Dipartimento regionale dello sviluppo rurale ha redatto un progetto di ripristino dei sentieri e la messa in sicurezza di quelli interessati dalle aree fruibili della riserva.

L’assessorato all’Agricoltura è stato, quindi, condannato a risarcire la madre della vittima, Giovanna Caruso con la somma di 230mila euro, la figlia della donna con 260mila euro, mentre 254mila euro andranno in favore degli eredi della Dugo.

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