Il pm Marco Di Mauro ha notificato alle parti l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nell’ambito della morte di Licia Gioia, la 32enne originaria di Latina, maresciallo dei carabinieri, in servizio al nucleo operativo del comando provinciale di Siracusa. La donna è scomparsa il 29 febbraio dello scorso anno nella sua villetta in contrada Isola. Il magistrato titolare dell’inchiesta ha contestato al marito del maresciallo, Francesco Ferrari l’accusa di omicidio volontario aggravato. Dopo quasi un anno di indagini, insomma, la Procura ha ritenuto Ferrari l’unico indagato andando oltre l’originaria accusa di omicidio preterintenzionale, sostenendo adesso che possa essere stato il marito a sparare contro la vittima, utilizzando l’arma in dotazione al sottufficiale. Di diverso avviso la difesa dell’indagato, che sin dalle prime battute ha insistito sul fatto che la donna si sia uccisa.
L’inchiesta sulla morte di Licia Gioia, quindi, subisce un’accelerazione e, per certi versi, un colpo di scena perché la perizia, affidata dal gip del tribunale aretuseo ai professori Domenico Compagnini e Alessio Plebe, non avrebbero del tutto convinto il rappresentante della pubblica accusa. I due consulenti scrissero, infatti, che “la ricostruzione virtuale dimostra la realizzabilità fisica dell’evento nelle modalità dichiarate dall’indagato”.
La difesa dell’indagato ha adesso 20 giorni di tempo per produrre controdeduzioni. “Faremo di tutto per evidenziare errori che a nostro avviso ci sono nell’azione penale intrapresa dalla Procura – spiega l’avv. Stefano Rametta, legale difensore dell’indagato – non ci sono elementi di novità rispetto all’incidente probatorio per cui si possa sostenere in dibattimento una tale accusa nei confronti del mio assistito”.