I carabinieri stanno vagliando tutte le possibili piste che potrebbero condurre all’individuazione del responsabile dell’attentato incendiario, avvenuto la notte fra domenica e lunedì ai danni della caserma di vico Brindisi a Noto. Le indagini sono state avviate già nei momenti successivi all’esecuzione dell’insano gesto con l’analisi dei filmati tratti dalle telecamere di videosorveglianza disseminate attorno all’edificio militare. Estrapolando le immagini, pur nella semi oscurità in cui ha agito, gli investigatori hanno avuto modo di vedere la presenza di un individuo che, armato di un bidoncino, abbia cosparso di liquido infiammabile parte del muro di recinzione della caserma che ospita i militari della Compagnia e quelli della stazione. Dopo avere dato fuoco, l’individuo si è allontanato in tutta fretta dalla zona facendo perdere, fino a questo momento, le proprie tracce.
In questi giorni, i carabinieri del nucleo investigativo del capoluogo e del comando compagnia di Noto, con il coordinamento del procuratore capo Sabrina Gambino e del pm Andrea Palmieri, hanno eseguito numerose perquisizioni non soltanto tra le persone già note agli ambienti giudiziari per eseguire riscontri di varia natura, finalizzati, comunque, a stringere il cerchio attorno al responsabile dell’attentato che, forse nelle sue intenzioni, sarebbe quello di intimidire i militari dell’Arma. Con il coordinamento della Procura aretusea, i carabinieri stanno vagliando qualsiasi tipo d’ipotesi per risolvere il giallo. Non è stata esclusa la pista del mitomane, di un uomo, cioè, che pur di far parlare delle sue gesta, abbia deciso di inscenare un attentato. Potrebbe trattarsi anche di una persona instabile di mente o pseudo tale, il quale, in preda a un momento di smarrimento, possa avere ordito un simile gesto.
Tra le piste maggiormente battute, però, c’è quella che conduce all’aspetto delinquenziale, con particolare riferimento alla comunità locale dei Caminanti. Molte delle perquisizioni riguardano proprio famiglie che appartengono a quest’etnia. Ammesso che siano trovati riscontri per sostenere questa tesi, l’attentato incendiario alla caserma dei carabinieri altro sarebbe una reazione scomposta quanto approssimativa, una sorta di piccata controffensiva rispetto ai numerosi servizi di controllo eseguiti nelle scorse settimane nel rione Arance dolci di Noto, dove risiedono molti nuclei familiari di origine nomade.
“Sono in corso le indagini”, si limita a riferire il maggiore Simone Clemente, comandante del nucleo investigativo del comando provinciale di Siracusa, che fa notare che nelle ultime settimane siano state portate a compimento numerose operazioni con il sequestro di un ingente numero di armi, che hanno interessato soprattutto la comunità non stanziale originaria del luogo. In questo prospetto non può mancare l’episodio dell’omicidio del 17enne, Piopaolo Mirabile, raggiunto da un colpo di pistola al capo, la sera del 30 novembre e morto in ospedale il 4 dicembre. Il ragazzo era in auto con il padre, secondo i carabinieri il vero bersaglio del presunto attentatore. Per quell’omicidio, il 17 dicembre i carabinieri hanno arrestato, su disposizione del Gip di Siracusa, Andrea Migneco, e su richiesta dei pm Salvatore Grillo e Silvia D’Armento, un uomo di 33 anni, Vincenzo Di Giovanni, oggi detenuto nella casa circondariale di Cavadonna, che aveva fatto perdere le proprie tracce poco dopo il delitto, avvenuto, da quanto ricostruito dagli inquirenti, per una lite tra membri della stessa comunità dei Caminanti, a causa di un abuso di alcolici tra presunto assassino e il padre della vittima.
La mancata collaborazione sia dei familiari del ragazzo ucciso sia di possibili testimoni, aveva costretto i militari a mettere a ferro e fuoco il quartiere, scovando armi, munizioni, refurtiva e tantissimi soldi in contanti nella disponibilità di alcune persone. Per questo, le indagini sull’attentato della notte tra domenica e lunedì non possono non prendere in considerazione quanto accaduto nelle scorse settimane. «Sono al vaglio dei carabinieri tutte le ipotesi possibili – riferiscono al comando provinciale di Siracusa – ma non si esclude che l’atto criminale possa essere riconducibile a un’intimidazione a seguito dell’attività investigativa condotta dai carabinieri».
Francesco Nania