Nel giorno in cui ricorreva il quarto anniversario della sua barbara uccisione, è divenuta definitiva la condanna a 30 anni di reclusione a carico di Paolo Cugno, il manovale canicattinese che uccise a coltellate e nascose il cadavere della compagna, la venticinquenne Laura Petrolito. La prima sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso con cui il professore Carlo Taormina ha chiesto di considerare l’incapacità dell’imputato di intendere e di volere e di contemplare l’attenuante della provocazione. Al contrario, è passata la linea sostenuta dal rappresentante della pubblica accusa e della parte civile costituita. “È stata una dura battaglia in aula – ha detto l’avvocato Domenico Mignosa, che ha patrocinato una delle parti civili – per convincere la suprema corte dell’inammissibilità delle richieste della difesa. Giustizia è fatta per la povera Laura in un giorno particolare, il quarto anniversario della sua scomparsa”.
Quella sera del 17 marzo del 2018 i due fidanzati, che avrebbero dovuto sposarsi a breve, erano usciti dall’abitazione di Andrea Petrolito, il padre della ragazza, intorno alle 19 dicendo di dovere comprare lo yogurt al bambino. A tarda serata, preoccupato per la loro assenza, il padre di Laura ha tentato di mettersi in contatto con i due, senza però alcun risultato. Scattato l’allarme, i carabinieri hanno rintracciato Cugno, sconvolto che diceva di non sapere dove fosse andata la sua compagna. Nel corso della giornata, però, i carabinieri, durante una battuta nelle campagne di contrada Tradituso, hanno aperto il coperchio di un pozzo artesiano, rinvenendo il cadavere della giovane. Soltanto a tarda serata, il manovale ha ceduto confessando di essere il responsabile dell’uccisione di Laura.