Ha trascorso 21 anni ininterrotti in carcere ma da ieri pomeriggio è tornato a essere un cittadino libero. Alessio Attanasio, 51 anni, ritenuto a capo dell’omonimo clan siracusano, ha varcato la soglia del carcere di Sassari, l’ultimo dei tanti istituti di pena in cui ha scontato la pena. Attanasio ha conseguito due settimane fa la seconda laurea in giurisprudenza e ha confermato al suo legale di fiducia, l’avvocato Teresa Pintus, di volere rimanere a Sassari per proseguire gli studi e il percorso di piena riabilitazione.
Attanasio era stato arrestato nel periodo natalizio del 2002 in Sila dove si era recato per trascorrere una breve vacanza. Furono i poliziotti della squadra mobile a intercettarlo. Da allora, la vita di Attanasio è stata scandita dalle attività in diverse carceri italiane, per essere stato sottoposto al regime di 41-bis a causa di più condanne per mafia, l’ultima a 30 anni, ritenuto uno dei boss del clan Bottaro Attanasio di Siracusa. Si è dato un gran daffare sui libri e, durante il lungo periodo di detenzione, ha conseguito nel 2017 una laurea in scienze della comunicazione e poi quella in Giurisprudenza.
Dal 2017 ad oggi ha fatto arrivare in Cassazione 670 ricorsi, che hanno impegnato la Suprema corte con 320 sentenze e 353 ordinanze.
Dal carcere di Sassari, di Terni di Novara o di Milano Opera, Attanasio ha impegnato i giudici con le sue mille segnalazioni di trattamenti inumani e degradanti, a suo dire messi in atto nei diversi istituti. Si è rivolto anche alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Attanasio ha scritto anche un libro “autobiografico” dal titolo “l’infermo dei regimi differenziati”, sottotitolo “lasciate ogni speranza voi che entrate”. L’ultimo ricorso atteneva al respingimento da parte del tribunale della fornitura di una sedia ergonomica al posto del normale sgabello. Lo scorso anno, nel giro di poco meno di due mesi aveva rimediato 41 sanzioni disciplinari che Alessio Attanasio aveva totalizzato, in meno di due mesi per altrettante proteste, giustificate dalle pessime condizioni patite in carcere dai detenuti, rivendicazioni ritenute legittime dallo stesso Attanasio.
Sul capo di Alessio Attanasio, però, pendono due giudizi. Nel mese di febbraio è stato condannato a 30 anni di reclusione dal gup del tribunale di Catania, Loredana Pezzino, lo ha riconosciuto responsabile dell’omicidio del siracusano Giuseppe Romano, avvenuto la mattina del 17 marzo 2001.
L’altro processo per il quale è imputato, riguarda l’omicidio di Angelo Sparatore, avvenuto il 4 maggio 2001. Il pubblico ministero La Rosa ha chiesto per Attanasio la condanna a 30 anni di reclusione. Il processo è stato aggiornato all’udienza del 30 ottobre per l’impedimento del coimputato Luciano De Carolis, per il quale è stata chiesta la medesima condanna.
La liberazione di Attanasio né avvenuta dopo la rideterminazione della pena. “Il mio assistito – afferma l’avvocato Pintus – avrebbe dovuto essere liberato due anni prima. E questo sarà motivo d’impugnazione”.