Il 2019 sull’inquinamento è stato un anno ricco di colpi di scena, di promesse con tanto fumo e niente arrosto. Sul risanamento dei Siti inquinati i fatti confermano che non è possibile bonificare perché non c’è la volontà politica e i costi sono proibitivi. Passata la sbornia della visita in pompa magma del ministro per l’Ambiente Costa in Sicilia, è ripiombato il silenzio sul risanamento del territorio industriale dell’Isola. L’equazione chi inquina paga non regge. È impraticabile. Il più delle volte l’inquinamento risale indietro negli anni che rintracciare il responsabile è impossibile. L’Istituto Superiore di Sanità da anni monitora i rischi per la salute dei circa 6 milioni di abitanti che vivono nelle aree dei 45, su 58 siti più contaminati d’Italia. Per chi ha meno di 25 anni, è stato registrato un aumento di tumori maligni del 9% rispetto a chi vive in zone non a rischio.
Le aree del petrolchimico siracusano, di Gela e di Milazzo, sono le zone più inquinate della Sicilia. Tra i responsabili della devastazione del territorio dei comuni di Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta, compresi in maniera minore le zone di Villasmundo, Lentini e Carlentini, sono le industrie della chimica e della raffinazione. Le bonifiche promesse potevano essere il lavoro per un numero indefinito di addetti e per i prossimi 7/10 anni.
Quanti metri cubi di amianto e di rifiuti velenosi ci sono sotterrati in giro, nei tetti delle vecchie fabbriche abbandonate? Oppure, fanghi, veleni e polveri letali per l’uomo nelle discariche abusive e autorizzate? Quanti metri cubi di percolato proveniente dalle discariche velenose e della spazzatura ogni anno finisce nella falda acquifera e nelle acque del mare in tutto il territorio siciliano ancora da bonificare?
Con le bonifiche, nelle aree industriali siciliane di Gela, Milazzo e Priolo, la riduzione dell’inquinamento prodotto e le bonifiche si potrebbero evitare in media ogni anno centinai di morti prematuri, ricoveri ospedalieri per tumori e per altre cause.
Le bonifiche, con benefici per la salute che si fisserebbero dopo circa venti anni dal risanamento e che durerebbero per trent’anni, si avrebbe un vantaggio economico potenziale pari a quattro miliardi di euro per Priolo e sette miliardi di euro per Gela e Milazzo. Ma non c’è nessuna speranza. Le bonifiche non sono mai partite, un cenno a parte lo merita il fallimento della politica a tutti i livelli. Il connubio con le lobby della chimica e della raffinazione è l’unica cosa certa.
Il tradimento dei governi regionali e nazionali che si sono succeduti nel tempo e della politica in generale, ha permesso per quasi 70anni che il territorio fosse assassinato per speculare e poi abbandonarlo; questo è il dato certo che conferma la situazione a Gela, Milazzo e Priolo. Niente lavoro, niente bonifiche, niente sviluppo, a parte la raffineria verde dell’Eni di Gela che nessuno ancora ha ben capito come stanno davvero le cose, mentre i gelesi, i priolesi, i melillesi, gli augustani e i siracusani, sono stati costretti a scappare per non morire di fame.
I circa 770 milioni di euro stanziati a parole per bonificare il Sin denominato Priolo, sono una piccola parte della somma necessaria calcolata. Sono ancora poche le aziende che di tasca propria hanno bonificato le aree di pertinenza e solo per un proprio tornaconto, come la realizzazione di nuovi impianti. Ma quello che ancora non è stato quantificato davvero, sono le somme che occorrono per risanare i fondali della rada di Augusta, semplicemente perché non è stato individuato quale sistema di dragaggio è possibile a costi accettabili, ragionevoli, con l’aggravante che si tratta di proprietà del Demanio marittimo dello Stato e non di terreno privato. Amianto sparso in lungo e in largo nelle discariche autorizzate o abusive, e questo malgrado ci siano diversi progetti pronti, Regione e Governo nazionale scaricano la responsabilità sui ministeri competenti: Ambiente, Economia e Infrastrutture. Ma i tre ministeri a sua volta non chiariscono, dove trovare le risorse perché quelle preventivate, sono insufficienti al compimento delle poche proposte d’intervento in corso e quelli ancora da avviare per le attività della bonifica nel totale e il risanamento dei siti inquinati.
Si dice che la speranza è l’ultima a morire; allora niente paura perché i siti industriali dismessi e abbandonati in Italia, sono davvero tanti, troppi. Infatti, sono cinquantasette i buchi neri dell’inquinamento selvaggio nell’Italia della corruzione, che le industrie dopo aver sfruttato fino all’ultimo momento il favorevole vento della speculazione, hanno abbandonato in silenzio. Quello delle bonifiche ambientali è un problema enorme, specie per i costi proibitivi ispirate dalle norme europee, sempre molto elevati, e così diventa impossibile risanare.
Il guaio che l’Europa non interviene in maniera decisa e concisa. Il fatto grave che periodicamente si legge sulla stampa “amica” d’interventi di politici d’assalto che parlano delle mancate bonifiche nei Sin, nella regola e vecchia maniera della corruzione e nella generalità di un territorio molto contaminato. Una vergognosa speculazione in generale che si registra sui Siti contaminati, dichiarati d’interesse nazionale.
Bonifiche ancora nella fase iniziale o mai cominciate che sono tutte al Sud, mentre al Nord la situazione è leggermente migliore, specie in Sicilia si registra l’aggravante che la popolazione inquinata appare ormai senza speranza: la contaminazione ambientale è smisurata e i soldi non ci sono, e, con questi lustri di luna, non ci saranno mai. Nemmeno l’azione giudiziaria è riuscita a smuovere i governi nazionali e regionali che fanno il bello e il cattivo tempo. Anche questo governo giallo-verde dribbla (in buona fede certamente) con il suo ministro dell’Ambiente che lascia scorrere il tempo con la scusa di informarsi su come stanno le cose fino alla prossima crisi, e buonanotte ai suonatori. Per non parlare dei tanti sindaci che si sono nel tempo resi responsabili di connivenza.
L’ambiente è stato da sempre svenduto in cambio di posti di lavoro condizionato e ricattato con connubi, silenzi, sussurra e grida; ma ormai si può parlare di vero disastro ambientale, di emergenza, quindi di un territorio fuori controllo, difficile da bonificare. Un connubio ben consolidato tra industrie, politica e sindacati.
Concetto Alota