Il caso Gennuso conquista le luci della ribalta nella cronaca. Un passo indietro per raccontare fatti e circostanze. Il 24 novembre dopo 21 giorni dall’esito a suo favore dei risultati elettorali alle elezioni regionali, il deputato Pippo Gennuso, si era fatto ricevere dal procuratore capo di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, al quale aveva sollecitato le indagini concernenti su un volantinaggio e ad alcuni messaggi diffusi sui social network che insinuavano un suo coinvolgimento in un giro di soldi in cambio di voti. In quella circostanza, Pippo Gennuso, oggi coinvolto nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Catania e portata a termine dai carabinieri del nucleo investigativo di Siracusa, e per questo motivo accusato di voto di scambio politico-mafioso, aveva chiesto di delegare le indagini alla polizia postale in modo da risalire ai responsabili delle note che riteneva diffamatorie e calunniose. Cinque mesi dopo, è lo stesso Gennuso ad entrare nel ciclone giudiziario con l’accusa da parte della Dda di Catania di avere corrisposto denaro per ottenere ad Avola circa 400 voti dal clan Crapula.
L’onorevole Gennuso, si trova da lunedì sera in regime di arresti domiciliari nella sua abitazione di Rosolini con il divieto di colloquio con il legale difensore; provvedimento adottato dal gip del tribunale etneo, Giuliana Sammartino, anche nei confronti degli altri due indagati, il 31enne Francesco Giamblanco – l’unico detenuto nella casa circondariale di Cavadonna – genero del boss di Avola Michele Crapula, e il 48enne avolese Massimo Rubino anche lui ai domiciliari. I tre indagati compariranno domani davanti al giudice per le indagini preliminari per sottoporsi a interrogatorio di garanzia.
La difesa di Gennuso
Il legale difensore di Pippo Gennuso, l’avvocato Mario Fiaccavento, si limita a dare una valutazione del tutto personale rispetto a quanto emerso fino a questo momento. “Ho letto l’ordinanza del gip, da dove non emerge alcun patto, alcun accordo o incontro, e soprattutto non troviamo alcun riscontro all’ipotesi che il mio assistito abbia corrisposto denaro in cambio di voti. Nelle intercettazioni nei confronti di questi soggetti sarebbe emersa la propensione degli stessi a offrire voti in cambio di denaro. Da ciò l’ipotesi di 416 ter ma di certo non ho letto una riga che coinvolga l’on. Gennuso nei discorsi degli altri due indagati. Si tratta di stime, però, che poggiano solo sulla lettura degli atti dove non mi pare ci sia il riscontro a queste intenzioni. Si parla, infatti, solo di un pacchetto di 400 voti per il quale i due indagati chiedono, o hanno intenzione di chiedere, all’on. Gennuso un corrispettivo in denaro. Dalle carte in mio possesso non c’è nient’altro. Non escludo, però, che potrebbero esserci nei data base di chi ha svolto le indagini altri elementi a riscontro della tesi accusatoria. Vedremo”.
L’altro fronte giudiziario che interessa Gennuso è quello di Palermo, dove è stata aperta un’inchiesta sulle elezioni regionali bis del 2014, che si tennero in nove sezioni dei comuni di Pachino e Rosolini, grazie alle quali Gennuso ha riconquistato il seggio a Sala d’Ercole ai danni di Pippo Gianni. “Nel 2012 sono rimasto vittima di una grande truffa elettorale – disse il parlamentare rosolinese a giugno dello scorso anno nell’apprendere dell’apertura dell’inchiesta – al momento dello scrutinio ero deputato e 24 ore dopo ero stato scavalcato per una manciata di voti da un avversario di un altro partito. A quel punto ho agito con gli strumenti che la legge mi consentiva. Ricorrere prima al Tar e poi al Cga. Un calvario durato 2 anni perché la Prefettura di Siracusa, su ordine dei giudici del tribunale amministrativo, non ha potuto riconteggiare le schede, perché mani maldestre nel frattempo avevano fatto sparire le schede elettorali dal palazzo di Giustizia (n.d.r. il processo all’operatore giudiziario è in fase di svolgimento)”. Ma per la cronaca, l’onorevole Pippo Gennuso ha sempre dichiarato infondate le affermazioni secondo le quali avrebbe sborsato denaro per corrompere il presidente del Cga di Palermo. In questa indagine sono coinvolte a vario titolo, anche altre persone.
C.A.