Se volessimo forzare i segreti che si nascondono dietro la degenerazione delle nuove regole della politica, la commistione dei poteri e la mancata trasparenza dell’utilizzo delle risorse e dei beni pubblici, potremmo dire di aver scoperto e generato la sfiducia verso le istituzioni e la loro credibilità; condotte sanzionate con il danno d’immagine dei governanti a tutti i livelli della democrazia compiuta, connesso alla lesione del bene legittimo consistente nel buon svolgimento e funzionalità della Pubblica Amministrazione.
Ogni giorno troviamo sempre la funzione distolta per causa di forza maggiore di chi amministra la cosa pubblica e si regge su deboli equilibri tra maggioranza e opposizione. La questione non è solo riferita al diritto, ma prima ancora all’etica; il governo della città, della Provincia, della Regione o dello Stato che per la naturale condizione politica e sociale costituiscono non un semplice aggregato di individui, sindaci, consiglieri, assessori, governatori, ministri, ma una comunità di persone nella quale i bisogni e le aspirazioni di ciascuno, gli eguali diritti e i corrispondenti doveri, si dovrebbero collegare e coordinare in un vincolo solidale, strutturato a promuovere il pieno sviluppo della società, della persona umana e la costruzione del bene comune. Se mancano queste chiare e legittime regole di convivenza, oppure se queste non sono applicate, la forza dei numeri tende a prevalere sulle idee politiche, sulla giustizia, con l’arbitrio sul diritto, con la conseguenza che la libertà viene messa a rischio fino a scomparire.
Votare un candidato rispetto ad un altro candidato di uno schieramento politico diverso, significherebbe perseguire un orientamento differente sul piano concreto, vorrebbe dire produrre leggi diverse, compito affidato, nelle moderne democrazie, al Parlamento. Ecco che la sfiducia è alimentata dall’indifferenza, dalla lontananza tra chi governa e chi vota, dalla dissoluzione della politica tra il popolo e le istituzioni.
È la falsa quiete della politica dopo la tempesta di questi ultimi tempi tra gli avversari con diatribe, disoccupazione, rischi sanitari, strumentalizzazione e demagogia a iosa. Una tale previsione, ci riporta a Priolo Gargallo, che, prima ancora di essere catapultato Comune, era una piccola frazione di agricoltori e di pescatori; ma diventa giocoforza un’officina politica e sociale tra mille culture con l’avvento dell’industrializzazione selvaggia, fino a diventare il comune industriale per eccellenza, costretto, dopo gli ultimi risultati elettorali, alla tregua tra maggioranza e opposizione, per rievocare necessariamente la logica di Niccolò Machiavelli, oltre che all’applicazione del famoso Manuale Cencelli.
I veleni della politica a Priolo alla fine hanno fatto esplodere l’equilibrio messo in piedi pietra su pietra da Pippo Gianni; vecchio guerriero politico, navigato, forse perché questo equilibrio è stato superato o fuori tempo massimo. Il sindaco di Priolo è un personaggio politico popolare, da sempre intraprendente che spazia dalla personalità del Guascone a quella di D’Artagnan, con i tre moschettieri sempre al fianco. Fortunato e beneducato a vincere nella vita così come nella politica, ma stavolta per non soccombere ha dovuto fare ricorso alla regola di Niccolò Machiavelli, dove i nemici devono essere vezzeggiati o soppressi, per poi rispolverare il Manuale Cencelli per accontentare tutti in tutto; è la vecchia regola con cui si allude all’assegnazione di ruoli politici e governativi a esponenti di vari partiti per rimanere in pace a gestire la cosa pubblica in base alla forza dimostrata in numero di voti. E questo avviene dopo un periodo durante cui l’amministrazione Gianni è sembrata turbata. Prigioniera di un gioco d’azzardo, con abbandoni di vincoli politici insistenti, con promesse a ventaglio e un filone sull’informazione infelicemente messo in atto generando un dialogo personale, un monologo, in una sorta di fai da te, ma così non è.
Machiavelli assicura che la più grande difficoltà di un principe quando sale al potere è quella di affrontare, in presenza di nuovi sistemi, di essere costretto a introdurre altri equilibri per dare solide fondamenta al governo messo in piedi; ma il grande rischio è di trovarsi nemici tutti quelli che traevano vantaggio dalla vecchia organizzazione.
Tutto ciò, oggi sarebbe avvolto nell’avviso pubblico nella funzione e svolgimento del “bando con le modalità e le procedure per la concessione dei contributi ai titolari di attività commerciali, artigiani, acconciature, estetiste, ristoranti, palestre e partite Iva, etc, colpite dall’emergenza del Conoravirus, ma con reddito dichiarato non superiore a 35.000 euro, con sede sociale/operativa nel comune di Priolo”.
“Il riferimento alla parabola sopra riportata, è al D.D. n° 784 del 04/05/2020 che viene momentaneamente sospeso per integrazione inerenti alcuni requisiti di amissione al beneficio”.
E tutto questo in attuazione di quanto “disposto dalla Giunta Comunale con deliberazione n. 79 del 06/04/2020 di approvazione degli indirizzi per l’erogazione di un contributo in favore delle attività che sono state finanziariamente colpite dall’emergenza Covid-19; dalla deliberazione di Consiglio Comunale n.11 del 28 aprile 2020; In attuazione della Determinazione Dirigenziale n. 784 del 04/05/2020 con la quale viene approvato il Bando”. Ma poi di colpo ritirato.
Insiste chi magnifica questo modo di “fare”; ma la premessa chiosa come la cittadina di Priolo Gargallo si è trasformata da qualche anno in un’officina della politica avanzata; un teatro all’aperto dell’aggressività con un pauroso aumento dello scontro violento tra i politicanti in campo che duellano come non mai. Di primo acchito, l’impressione comune vuole che a Pippo Gianni il controllo della situazione politica della sua amministrazione sia provvisoriamente sospeso in attesa di buone occasioni, o il ritorno di chi ha lasciato la posizione di combattimento in attesa di nuove idee o di altro, ma in merito al momento nessuno si sbilancia nel raccontare i segreti della politica made in Priolo.
Nel paradiso terrestre, la domanda che il serpente rivolge alla donna è solo apparentemente innocente. Egli indaga su ciò che Dio ha detto. Non chiama Dio con il nome proprio, ma lo spersonalizza preferendo il più generico. Fino a quando non si rimescolano le carte, non ci si mischia anche benignamente, se non si creeranno nuove alleanze e solidarietà, non si potrà discutere assieme senza la paura che un’ipotesi o l’altra, privilegi o l’una o l’altra squadra nella partita in gioco. Non c’è più la solidarietà concordata. Tutti pronti all’accusa silenziosa reciproca e non ci s’impegna a capire le ragioni dell’altro che non vanno solo rispettate, ma usate come risorsa critica per i propri interessi; con questa ennesima campagna di veleni, non si andrà da nessuna parte. Ma Pippo Gianni, piaccia oppure no, è considerato acciaio inossidabile e non un novellino di primo pelo politico, come tanti attori e registi di questa ennesima sceneggiata della politica priolese.
Concetto Alota