Prestito a Fca: i paletti del Pd “Chi chiede finanziamenti riporti la sede in Italia”

Critiche dalle forze politiche sulla decisione di Fca di chiedere finanziamenti per contrastare la pandemia Covid da 6,3 miliardi garantiti dallo Stato. “Senza imbarcarci in discussioni su che cosa è un paradiso fiscale credo si possa dire con chiarezza una cosa: un’impresa che che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia. Attendo strali contro la sovietizzazione e dotti sermoni sul libero mercato” ha scritto il vice segretario del Pd, Andrea Orlando, su Twitter.


“Vedo che Fca della famiglia Agnelli chiede che lo Stato italiano garantisca per una richiesta di prestito da 6,3 miliardi di euro. Bisognerebbe chiedere in contropartita che riportino la sede legale e il domicilio fiscale in Italia, dopo averle spostate in Olanda e in Gran Bretagna” ha aggiunto il portavoce nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. “Così almeno – conclude l’esponente di Leu – un po’ di tasse in piu’ in Italia arrivano. E’ una questione di garanzie”.

“Condizioniamo l’aiuto dello Stato per imprese alla residenza giuridica e fiscale in Italia, a cancellare i dividendi non per un anno, ma fino a quando le garanzie dello Stato per essi immobilizzate non vengono liberate; infine, a limitare, fino alla liberazione delle garanzie pubbliche, la remunerazione complessiva annuale del management a 20 volte la retribuzione annua degli operai. Sono alcuni degli emendamenti di LeU. Non e’ populismo. E’ la nostra Costituzione” scrive Stefano Fassina su ‘ilfattoquotidiano.it’, in un post dal titolo ‘FCA e il gatto di Trilussa’.

“1 miliardo di euro per Agnelli, Elkan e soci comodamente residenti in paradisi fiscali. 1 miliardo di euro per milioni di famiglie in guerra contro la povertà  in Italia. 1 miliardo di euro è, più o meno, la garanzia dello Stato assorbita da FCA per ricevere 6,3 miliardi di prestiti da Banca Intesa. 1 miliardo di euro, anzi un po’ meno, e’ quanto assegnato al Reddito di Emergenza (Rem) per almeno tre milioni di persone. Tutte le imprese vanno aiutate, anche le multinazionali. Ma senza aggravare un’ingiustizia sociale già insostenibile”, conclude il deputato Leu.

Decisamente contrario all’iniziativa del Lingotto anche Calenda. “Ovviamente la sede legale e fiscale torna a Torino. Perché altrimenti andremo sul surreale” scrive su Twitter il leader di Azione.

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