La storia, la natura, la cultura e la bellezza dell’archeologia massacrati in nome del profitto; la comunità di Priolo nella foga dell’industrializzazione selvaggia e il sogno dell’Eldorado a tutti i costi dimentica i gioielli di famiglia. La penisola di Magnisi ormai abbandonata, con le rovine della città di Thapsos, dove sono in bella vista le tracce sinistre dell’insediamento industriale selvaggio dell’uomo moderno: suolo sbudellato con dei fossati tra tombe, mura e mosaici, assassinato per far posto a dei tubi ferrosi per il trasporto di petrolio e un pontile d’attracco d’acciaio ormai arrugginito per le petroliere, finanche un’area di stoccaggio d’idrocarburi, tutto ormai in disuso in mezzo alle rovine di una cultura antica, ma ancora lì a testimoniare il fallimento dell’uomo di fronte al profitto del denaro.
All’ingresso della penisola di Magnisi un cancello sbarra la strada; a sinistra insiste una distesa verso il mare di polvere di pirite sequestrati dalla magistratura nel 2012, ma ancora lì depositata all’ingresso del sito archeologico d’interesse straordinario, mondiale, a fare bella mostra e a certificare il fallimento della politica degli amministratori che nel tempo si sono succeduti nell’amministrare il comune industriale tra i più inquinati d’Italia.
Già da qualche tempo si parla di portare avanti dei progetti di riqualificazione della penisola e di creare tutt’intorno una riserva naturale, in parte iniziata. Stridono il danno e la rovina dell’area archeologica dell’isola di Magnisi. Fu tracciato l’insediamento urbano con la creazione di un percorso e di un antiquario ma è ormai difficile da raggiungere; l’isola è stata, di fatta, vietata al pubblico godimento, considerata a rischio ambientale. Circondata dai fondali marini inquinati; dal lato esterno che si affaccia nel Seno del Priolo insistono le industrie e lo scarico delle acque, in teoria depurate, provenienti dal depuratore gestito dall’Ias che si trova in questo momento nell’occhio del ciclone per una serie di anomalie amministrative ma anche per il forte sospetto dell’inquinamento del mare, della falda acquifera e dell’aria. Dal lato interno i resti del pontile per i prodotti petroliferi ex Somicem, con i fondali saturi d’idrocarburi che giacciono sinistri in fondo al mare attraverso i solventi per affogarli sui fondali marini attorno al pontile d’attracco durante i vari incidenti con la perdita di prodotti petroliferi e olii. All’imbocco della penisola dopo aver attraversato la stradina posta sulla striscia di terra ai cui lati vi sono le spiagge, si arriva nell’area dello stabilimento dell’ex Espesi, fabbrica in cui era prodotto il bromo attraverso l’estrazione delle acque del mare, con i suoi vecchi capannoni abbandonati e pericolosi.
Per rimanere nell’ambito dell’area industriale petrolifera di Siracusa, Augusta, Priolo e Melilli, negli ultimi anni la Procura di Siracusa ha aperto un numero indefinito di fascicoli per una lunga lista di reati ambientali, estremo tentativo di fare luce su decenni d’inquinamenti industriali consumati sul grande business della raffinazione del greggio tra connubi, luci e ombre, grida e sussurra, ma pochi sono quelli andati a conclusione. Con danni che hanno riguardato il territorio nella sua globalità, classificato fra i siti d’interesse nazionale da bonificare, comprese le risorse storiche e culturali, cinte d’assedio da serbatoi, tubi d’acciaio, pontili, impianti, ciminiere, petroliere.
Uno dei gioielli della storia più sfregiati e umiliati è sicuramente l’area archeologica della penisola di Magnisi con la vecchia città di Thapsos. Un pontile usato per la movimentazione del greggio, con incidenti che hanno causato la perdita di greggio. Già nel 2005 Legambiente sul suo dossier “La Chimera delle bonifiche” scriveva: “…vale la pena ricordare che durante la fase di caratterizzazione ai fini della predisposizione del progetto di bonifica si è verificato un evento paradossale: effettuando dei carotaggi, è stata perforata la condotta metallica della Somicem che ha provocato la fuoriuscita di circa 150 metri cubi di greggio e il conseguente inquinamento dei terreni circostanti”.
Nel circondario del comune di Priolo sono presenti aree interessate dal deposito incontrollato di rifiuti; discariche autorizzate e abusive, potenzialmente contaminati, aree adibite all’estrazione d’inerti che nel passato sono finiti per essere depositi incontrollati di rifiuti e di progressivo dissesto idrogeologico. Nelle acque sotterranee, insiste un elevato contenuto di cloruri, specie nelle aree costiere, riconducibile all’intrusione del cuneo salino conseguente all’abbassamento della falda provocato dall’eccesso di prelievo per scopi industriali e irrigui. La permeabilità dei terreni superficiali favorisce inoltre i fenomeni d’inquinamento localizzato della falda soprattutto in corrispondenza delle aree abitate, dei terreni agricoli sottoposti a fertilizzazione e trattamento con pesticidi. I corpi idrici superficiali presentano fenomeni d’inquinamento di natura organica e in corrispondenza in cui sono insediati gli stabilimenti industriali, anche d’inquinamento da parte di sostanze chimiche. I principali fenomeni d’inquinamento dell’ambiente marino si riscontrano nel contiguo seno di Priolo, dove i principali fenomeni di degrado sono l’inquinamento da petrolio, quello termico e l’eutrofizzazione. Si evidenzia inoltre una contaminazione dei sedimenti da metalli pesanti e da idrocarburi, caratterizzata da una diffusa condizione di eutrofizzazione riconducibile a recapito di scarichi civili scarsamente o per nulla depurati oltre che da scarichi incontrollati di materiali a base di amianto. La contaminazione riscontrata nei suoli è ascrivibile a vari contaminanti, meglio specificati nella caratterizzazione eseguita nell’ambito del progetto delle bonifiche mai iniziate davvero. Insomma, manca la volontà politica di bonificare il territorio più inquinato d’Europa. L’alba è diventata ancora una volta il tramonto.
Concetto Alota