Il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto un minuto di silenzio per quelli che ha definito gli “eroi” che combattono in Ucraina e per le “vittime delle azioni terroristiche di Kiev“.
“Voglio che mi sentano a Kiev, che mi sentano in Occidente: le persone che vivono nel Lugansk, nel Donetsk, a Kherson e Zaporizhzhia diventano nostri cittadini per sempre“, ha affermato Putin, aprendo la cerimonia di firma dei trattati di annessione a Mosca delle quattro regioni ucraine.
L’Ucraina deve “cessare il fuoco cominciato nel 2014, siamo pronti a tornare al tavolo dei negoziati. Ma la scelta” dell’annessione della popolazione delle quattro regioni ucraine non è più in discussione.
“Difenderemo la nostra terra con tutti i mezzi a nostra disposizione”. Lo ha detto il presidente russo a proposito delle quattro regioni ucraine che oggi vengono annesse alla Russia.
L’Unione Sovietica è passata e non tornerà. Ma i russi che vivono al di fuori dei confini della Russia possono tornare alla loro “patria storica”.
“L’amore per la Russia è un sentimento indistruttibile. Ecco perché anche i giovani nati dopo la tragedia della caduta dell’Unione Sovietica hanno votato” per l’annessione, ha aggiunto Putin.
Sordo alle proteste della comunità internazionale, Vladimir Putin ha deciso di procedere con l’annessione dei quattro territori ucraini dove si sono svolti i referendum che le cancellerie occidentali hanno definito delle “farse”. Gli accordi saranno firmati oggi con una cerimonia in pompa magna nella Sala di San Giorgio al Cremlino con i capi delle quattro entità, e saranno accompagnati da una festa popolare sulla Piazza Rossa.
Un programma che stride con le scene delle migliaia di russi in fuga dal Paese per sottrarsi alla possibile chiamata alle armi. I Paesi baltici e la Polonia hanno già chiuso da settimane le loro frontiere ai russi, e a loro si è unita ora la Finlandia ed è pronta la Norvegia.
Ma l’esodo continua attraverso le frontiere meridionali, specie con la Georgia e il Kazakhstan, e, più a est, con la Mongolia. Eppure niente sembra poter distogliere il Cremlino dai suoi piani, da realizzare anche attraverso la mobilitazione parziale dichiarata il 21 settembre. Le prime unità dei riservisti richiamati, ha fatto sapere il ministero della Difesa, si sono già costituite, e saranno impiegate per “controllare i territori liberati” in Ucraina. In primis, dunque, le aree di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, che si apprestano ad entrare a far parte della Federazione e che quindi Mosca difenderà come proprio territorio.
Sotto le mura del Cremlino è stato allestito un enorme palco per le celebrazioni in piazza, con la scritta ‘Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson, Russia, insieme per sempre’, nella sala di San Giorgio si sono completati i preparativi per la firma dell’atto di adesione e per un discorso del presidente che il suo portavoce ha già preannunciato come “corposo”. Non è difficile prevederne il contenuto. Un assaggio si è avuto ieri, quando Putin è intervenuto in videoconferenza a una riunione dei capi dei servizi di sicurezza e intelligence delle nove ex repubbliche sovietiche ora membri della Comunità degli Stati indipendenti (Csi). Il presidente ha riproposto lo scenario che vede i Paesi occidentali (“i nostri avversari geopolitici” li ha definiti) impegnati a seminare il caos nello spazio ex sovietico “con rivoluzioni colorate e bagni di sangue” per salvaguardare la propria “egemonia unipolare”. Anche il conflitto in Ucraina è conseguenza di questo. E tutto ciò, ha avvertito, porta a “rischi di destabilizzazione nell’intera regione dell’Asia-Pacifico”.