Puzza insopportabile: Ias sotto accusa mentre la politica “dorme”, indaga la Corte dei Conti

Benvenuti nell’inferno. Nella terra di nessuno, dove la puzza e i miasmi sono insopportabili. Secondo alcune indiscrezioni trapelate da fonti industriali qualificate, nel depuratore dell’Ias di Priolo Gargallo sarebbero pervenuti dalle industrie nei giorni scorsi dei reflui più puzzolenti del solito, tanto da non riuscire a controllarne il fetore. Gli odori nauseabondi si sono presto diffusi in tutta l’area industriale tanto da fare preoccupare le popolazioni dei comuni viciniori, con telefonate ed email alle istituzioni. Ma la giornata festiva di ieri non ha permesso di poter disporre un controllo immediato da parte delle istituzioni delegate. O forse è giusto dire che nessuno si è preoccupato di farlo.

Depuratori che non depurano e il più delle volte sono stati accusati paradossalmente d’inquinamento. I fanghi prodotti sono il terminale tossico di processi di depurazione deficitari delle acque reflue, accogliendone tutto il materiale organico e chimico. Quello che rimane dopo la depurazione delle acque che raccolgono scarichi fognari, così come quelli industriali nel caso del territorio siracusano per l’Ias. La società consortile mista, pubblico/privato, che gestisce il mega depuratore di Priolo è sotto accusa, rea di essere la prima fonte d’inquinamento dell’aria e di aver causato i forti e fastidiosi miasmi di questi giorni fino a scomodare il sindaco di Priolo, Pippo Gianni, a minacciare l’applicazione e gli effetti della legge con un ordinanza di chiusura dell’attività contro la fonte del fetore. Ma di fronte all’emergenza, logica vuole che i sindaci del territorio industriale, tutti insieme, o singolarmente, possono ordinare alla polizia municipale un controllo, in ordine all’emergenza reale con la puzza oltre ogni limite, con un’informativa alla Procura, in uno ai carabinieri o polizia di Stato. Ma così non è stato. Ed ecco la conferma silente di una condizione di connubio perpetuo, tra la politica e le industrie che dura da sempre.

L’Ias di Priolo Gargallo utilizza un impianto vecchio, obsoleto, capace di trattare in media 2.300 mc./h di refluo industriale e civile, a fronte di una capacità complessiva da progetto di 4.200 mc./h, e che produceva, riferito all’anno 2002, circa 48.000 tonnellate anno di fanghi di risulta smaltiti in discariche calabresi ed pugliesi, e che ora smaltisce a Lamezia Terme i circa 9.000 tonnellate che produce mediamente.

L’Ias, nata con i fondi della vecchia Cassa per il Mezzogiorno per volere della politica per fare fronte all’emergenza ambientale della zona industriale, ma si trasforma in breve tempo in un polmone di compensazione per assunzioni, appalti e nomine si sottogoverno, da sempre nell’occhio del ciclone, tra amore e odio per intere generazioni di politicanti. Vive un momento particolare, con inchieste della magistratura, ma anche dei tanti dubbi emersi per una gestione poco oculata denunciata poco tempo fa, da una parte dei soci privati, ma anche dei tanti lamenti della popolazione.

Anche la Corte dei Conti chiede lumi sullo sperpero del pubblico denaro per realizzare l’impianto di deodorizzaione nello stabilimento Ias di Priolo Gargallo, mai entrato in funzione e costato oltre un milione di euro; inchiesta in cui sta indagando la guardia di finanza. Esposto che sarebbe stato inoltrato a suo tempo dal presidente dell’epoca, Maria Rosa Battiato. Insiste la grave questione dello stato in cui versano gli impianti ormai arrivati alla fine della corsa e di cui hanno più volte denunciato la criticità, i sindacati dei lavoratori e di chi spetta pagare le costose manutenzioni straordinarie, così come la forte puzza nauseabonda che fuoriesce dallo stabilimento dell’Ias che rimane un’altra questione irrisolta. Urgente è considerata la copertura delle vasche d’accumulo e l’impianto di deodorizzazione che non è mai entrato in funzione perché non idoneo e nella buona sostanza non funzionante, con spreco di pubblico denaro, mentre gli addetti ai lavori sono costretti a respirare i veleni che arrivano attraverso i reflui dagli stabilimenti petrolchimici della zona industriale e che si propagano nell’aria circostante fino nel centro abitato di Priolo e i dintorni nell’indifferenza generale. Già nel 2014, i vertici dell’Irsap, avevano in autotutela presentato un esposto all’autorità giudiziaria in cui segnalavano le tante criticità riscontrate dai funzionari dell’ente, che avevano rappresentato le varie fasi della progettazione, realizzazione e collaudo degli impianti, oggi cause delle disfunzioni del depuratore e del sistema di deodorizzazione, che avrebbero provocato l’emissione in aria di sostanze nocive per la salute pubblica. Altre denunce sui veleni di Priolo, nel tempo, erano state presentate anche da associazioni ambientaliste e da diversi rappresentanti istituzionali.

In tutta la Sicilia, così come in tutto il Meridione, la depurazione è deficitaria. Nel territorio siracusanodei due punti analizzati, uno è stato catalogato come fortemente inquinato. È quello eseguito a Siracusa alla foce del canale Grimaldi nel Porto Grande in zona Pantanelli, e l’altro inquinato si trova a Priolo, nei pressi della foce del fiume Mostringiano, nella zona industriale del petrolchimico.

Il monitoraggio in tutta la Sicilia di Goletta Verde, operato dai tecnici di Legambiente nel mese di luglio 2017, ha preso in esame gli sbocchi dei fiumi, ruscelli, gli scarichi e i piccoli fossati di gronda, in cui si registrano le tante criticità nel trasmettere la contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani e industriali che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare.

Tra i depuratori sequestrati in Sicilia, c’è anche quello di Siracusa gestito dalla Siam. Dopo un’inchiesta della Procura di Siracusa, nell’aprile scorso, la centrale di sollevamento dell’impianto di depurazione di contrada Fusco, fu sequestrata. I reati ipotizzati sono immissione di rifiuti di qualsiasi genere in acque superficiali e sotterranee e distruzione o deterioramento di habitat naturale.

Cinzia Di Modica, attivista del Comitato “Stop Veleni”, più volte ha dichiarato che è  incredibile che la città di Augusta, secondo porto petrolifero d’Italia, uno dei comuni con un tasso altissimo d’inquinamento proveniente dalle industrie e con il fenomeno storico delle nascite dei bambini nati malformati, non sia riuscita a realizzare un semplice depuratore dei reflui fognari che finiscono in mare, aumentando, come se non bastasse, l’avvelenamento collettivo.

Concetto Alota

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