Sicilia, scioglimento comuni per infiltrazione mafiosa, 7 nel 2019 e un’archiviazione nel 2020: Avola

Lo scioglimento per infiltrazione della criminalità organizzata di un Comune, deve avere sempre un carattere eccezionale, diventando altrimenti un’inaccettabile ingerenza dello Stato nel governo locale della comunità. Nel 2019 in tutta Italia, sono 21 i Comuni sciolti per mafia mentre ad altri 26 Comuni sono stati prorogati i decreti di precedenti scioglimenti. Gli enti sottoposti allo scioglimento si concentrano tutti nel Sud d’Italia: 8 in Calabria, 7 in Sicilia, 3 in Puglia, 2 in Campania e 1 in Basilicata. I sette della Sicilia sono: Pachino (Siracusa), San Cataldo (Caltanissetta), Mistretta (Messina), San Cipirello (Palermo), Torretta (Palermo), Misterbianco (Catania) e Mezzojuso (Palermo), ma nel 2020 si registra un’archiviazione per il comune di Avola.  

Un atto dovuto? Sì! una garanzia per la democrazia? Sì! Ma lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa deve essere posto in essere solo laddove l’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi dell’amministrazione locale sia fondatamente e univocamente percepibile, sulla base di dati certi e concreti, risolvendosi altrimenti l’applicazione della norma in un’inammissibile ingerenza dello Stato nei governi locali; per poter stabilire questo occorre un’istruttoria da parte di una qualificata commissione prefettizia. Questo rappresenta una conquista nella democrazia compiuta in uno Stato di diritto come il nostro.

Il Tar Lazio, con la sentenza 3101/2019, sembra invertire la tendenza rispetto ai decreti di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, richiedendo delle condizioni più rigorose. Per questa logica deduzione è stato annullato il provvedimento di scioglimento di un comune in Puglia; non è bastata quindi la sola presenza della Relazione del Prefetto di espressione raffigurativa riassuntive e affermazioni evocative di collegamenti e cointeressenze degli amministratori locali con la criminalità organizzata, non rigorosamente correlate a dati e fatti concreti. Insiste poi l’irrilevanza dei casi di cattiva gestione amministrativa, in carenza di prove dei collegamenti mafiosi. Gli stessi giudici del Tar Lazio rammentano come tale provvedimento si conforma alla misura di carattere “straordinario” per fronteggiare un’emergenza “straordinaria”.

Infatti, le condizioni previste dall’art. 143 TUEL per lo scioglimento del Comune: “…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

Quello che è mancato nell’istruttoria per lo scioglimento del Comune di Avola, si adatta alla valutazione degli elementi sui collegamenti diretti o indiretti, non interpretabili in singoli colpe, ma tali da rendere ammissibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della valutazione di scioglimentol’accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale; ma a primeggiare è statal’irrilevanza degli episodi di mala gestione amministrativa nel comune di Avola e non il contrario.

Le relative indagini disposte il 17 aprile dello scorso anno con il decreto ministeriale con cui il prefetto di Siracusa era stato delegato a esercitare i poteri di accesso e di accertamento nei confronti del comune di Avola. Accertamenti necessari per il rispetto della norma dettata dalla legge del 1982 che reca misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa; il 13 maggio l’allora prefetto di Siracusa Luigi Pizzi ha istituito la commissione d’indagine, che si è insediata al comune di Avola. Commissione che è stata supportata da un nucleo composto da rappresentanti delle forze dell’ordine ed ha avuto il compito di “verificare eventuali forme d’infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, tali da compromettere il regolare svolgimento dei servizi, il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale”.

Oltre alle minacce subite dagli amministratori pubblici e varie inchieste della Procura di Siracusa, a convincere il ministero dell’Interno a mettere in moto la macchina ispettiva sono stati i contenuti dell’operazione antimafia denominata “Eclipse” portata a termine il 18 gennaio dello scorso anno dai carabinieri della Compagnia di Noto e della stazione di Avola su richiesta del pubblico ministero Alessandro Sorrentino della DDA, direzione distrettuale antimafia di Catania; 14 persone indagate e finite sotto processo, alcune delle quali con l’accusa di associazione mafiosa. I magistrati hanno mosso le proprie accuse in base alle fonti ritenute attendibili secondo le quali i componenti del gruppo Crapula avrebbero appoggiato il candidato al consiglio comunale di Avola Salvatore Guastella, che si è sempre detto estraneo a queste logiche parlando di speculazione politica.

Tutto si chiarisce nel Decreto del Ministro dell’Interno in cui viene rilevato, come in premessa, che “gli elementi complessivamente emersi non presentano la necessaria congruenza rispetto ai requisiti di concretezza, univocità e rilevanza richiesti dal modello legale”, non sussistono quindi i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale e/o di altri provvedimenti.

Concetto Alota

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