Le maggiori criticità in Sicilia sono il traffico dei rifiuti e la carenza della depurazione in cui girano milioni di euro all’anno. Infatti, dei circa 5 milioni degli abitanti della Sicilia, solo il 61% circa è servito da un impianto di depurazione; la popolazione servita nei comuni capoluogo di provincia sale al 71,5%. Il 75% degli impianti siciliani scarica nei torrenti e nei fiumi, il restante 25% in mare.
Nella Sicilia dei misteri, risultano registrati complessivamente 463 impianti di trattamento delle acque reflue urbane, di cui il 17% circa risulta non attivo mentre dei 388 impianti attivi complessivamente presenti sul territorio della Regione solo il 17,5% circa opera attualmente con autorizzazione allo scarico in corso di validità. Tanti altri operano da anni in assenza di autorizzazione o con autorizzazione scaduta o sono stati destinatari di decreti di diniego allo scarico.
I siciliani pagano i forti ritardi nel settore della depurazione a causa di tanti impianti rimasti incompiuti, mai attivati o divenuti nel tempo sottodimensionati o tecnologicamente vetusti. Le necessarie opere di manutenzione straordinaria e di completamento necessita di un intervento di tipo strutturale. Al momento, la Regione Siciliana continua a non rispettare le Direttive europee di settore ed è, quindi, coinvolta in 3 procedure di infrazione (2014-2059, 2004/2034, 2009_2034).
La Sicilia risulta la regione italiana con i maggiori problemi per la depurazione delle acque, seguita dalla Calabria, la Lombardia e la Campania. La notizia arriva da ministro dell’Ambiente, Sergio Costa del M5S, in audizione alla Commissione bicamerale Ecomafie sulla gestione delle acque reflue.
Il ministro Costa ha spiegato che sono 4 le procedure di infrazione avviate dall’Unione europea contro l’Italia per la mancanza di depuratori. Dei 3.144 agglomerati nei quali è diviso il territorio italiano per la gestione delle acque, 900 sono colpiti dalle procedure europee, il 30% circa. Di questi 900 agglomerati, 251 sono in Sicilia, 188 in Calabria, 130 in Lombardia e 117 in Campania. “La Sicilia – spiega il ministro dell’Ambiente – incide 17 milioni sui 30 milioni di sanzione, pari al 59% del totale”. Ecco perché non è possibile nascondere una vera e propria “questione Sicilia” che il Governo Conte – secondo il titolare dell’Ambiente – intende affrontare e risolvere. Se risolviamo il problema delle acque reflue per la Sicilia – osserva Costa – risolveremo il problema per tutta Italia”.
Tutta la vicenda della cattiva depurazione è arrivata alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali correlati che ha audito lo scorso anno il comandante regionale della Guardia di finanza Sicilia generale Riccardo Rapanotti e i comandanti dei carabinieri del Noe di Catania Michele Cannizzaro e di Palermo Nunzio Sapuppo, nell’ambito dell’inchiesta sulla depurazione delle acque reflue.
Il generale Rapanotti ha riferito nell’occasione in merito a una serie di indagini svolte dalla Guardia di finanza in Sicilia in tema di depurazione delle acque. Tra le operazioni, ha citato il sequestro preventivo, da parte del nucleo di Siracusa, dell’impianto di depurazione di Priolo Gargallo gestito dall’Ias, e non solo, con la prescrizione che agli impianti devono essere portati interventi strutturali di adeguamento alla normativa. Inchiesta della Procura di Siracusa ormai agli sgoccioli; le indagini sull’inchiesta scaturita dall’operazione, ”No Fly”, iniziata con 19 indagati ma potrebbero essere nel frattempo aumentati e altri scagionati dai reati inizialmente ipotizzati. L’accusa iniziale era d’inquinamento ambientale in concorso.
Il troncone riguarda le tematiche ambientali e le attività dei depuratori legata alla maxi inchiesta sull’inquinamento in generale nel polo petrolchimico siracusano già in istruttoria. Le indagini coordinate dal Procuratore Fabio Scavone, e dirette dai sostituti procuratori Tommaso Pagano, Salvatore Grillo e Davide Lucignani. Le operazioni sono state condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Siracusa e i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Siracusa, unitamente a personale del Noe di Catania e del Nictas dell’Asp di Siracusa, che hanno portato a termine l’esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso il Tribunale di Siracusa; quattro gli stabilimenti industriali situati nel Polo Petrolchimico siracusano fra i comuni di Siracusa, Augusta, Melilli e Priolo Gargallo.
Troncone d’indagine, che la Procura di Siracusa ha riaperto e condotto per chiudere il cerchio all’inquinamento selvaggio da parte delle industrie, compreso i depuratori che sono l’ultimo stadio in cui avviene la depurazione dei reflui velenosi provenienti dagli stabilimenti del Petrolchimico. Rimane ancora aperto il filone delle discariche e dello smaltimento dei fanghi. Le attività investigative coordinate dalla Procura di Siracusa, scaturiscono da una serie di esposti e denunce pervenuti, nel tempo, all’ufficio di Procura, alle Forze di Polizia e ad altri organi a seguito dei quali un collegio di consulenti tecnici nominati dalla Procura accertava la natura inquinante e molesta, sotto il profilo odorigeno, delle immissioni aeree degli stabilimenti di Versali s.p.a. di Priolo e Sasol s.p.a. di Augusta, e dei depuratori Tas di Priolo Servizi s.c.p.a. di Melilli e IAS s.p.a. di Priolo Gargallo che furono sottoposti al sequestro. Indagini che per l’Ias si allargano anche alle tematiche dei lavori in appalto condotte dalla Guardia di Finanza di Siracusa e che sta seguendo con altro troncone.
I dati di analisi raccolti da consulenti e tecnici hanno, nella buona sostanza, rilevato: concentrazioni stabilmente elevate delle sostanze prese in considerazione nei rilevamenti effettuati presso le centraline di San Cusumano, Ciapi e Priolo centro; ripetuti eventi di picchi elevati di concentrazioni delle sostanze prese in considerazione nei rilevamenti effettuati presso le centraline di Melilli, Siracusa e Augusta; mancata utilizzazione delle “migliori tecniche disponibili” da parte dei responsabili degli stabilimenti. In sintesi, gli stessi consulenti tecnici hanno altresì evidenziato di avere raccolto elementi che “inducono a ritenere che la qualità dell’aria nel territorio interessato si sia fortemente degradata”, rilevando come “nei comuni di Priolo Gargallo, Augusta e in parte Melilli si registra una qualità dell’aria nettamente inferiore a quella degli altri Comuni della provincia, avuto riguardo ai vari inquinanti presi in considerazione”.
“Le informazioni fornite in audizione alla Commissione delineano un quadro drammatico. Nonostante la Sicilia sia circondata dal mare e basi su di esso una fetta importante della propria economia, la Sicilia continua a essere gravemente inadempiente sul fronte della depurazione. Gli impianti che dovrebbero ripulire le acque sono in molti casi macchine per inquinare, e non mancano situazioni in cui i finanziamenti pubblici erogati per risolvere il problema non sono stati usati per questo scopo e sono anzi finiti illecitamente nelle tasche di privati. Una situazione inaccettabile su cui la Commissione sta indagando in profondità e con estrema attenzione”. Augusta rimane l’emblema del fallimento politico in merito alla depurazione delle acque reflue, per non essere riuscita a realizzare il proprio depuratore, scaricando in mare la fogna viva. La legge n. 68/2015 sugli ecoreati ha facilitato gli interventi di contrasto in casi di malfunzionamenti di depuratori, attraverso la contestazione del reato di inquinamento ambientale. Ma non è bastato. L’obiettivo dell’inquinamento zero appare impossibile da raggiungere, mentre gli interessi che ruotano sul comparto dei rifiuti e della depurazione, appare sempre più lontano.
Concetto Alota