Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un detenuto a Cavadonna:
Sono Alessio , ristretto presso la casa circondariale “Cavadonna” di Siracusa, voglio testimoniare come il Signore Dio nostro ha bussato alla mia porta, pregando e confidando in Lui.
Che queste mie parole servano a chi le ascolta per aprirsi al Signore Gesù che bussa alla porta del nostro cuore.
Sono un ragazzo di 29 anni, e mi ritengo un peccatore, ma nonostante ciò Dio si è manifestato nella mia vita ed in quella dei miei familiari pur essendo io carcerato .
Adesso cercherò, mettendomi sotto la guida dello Spirito Santo, a descrivere e a farvi conoscere la mia esperienza con Lui.
Inizio col raccontarvi che nel mio passato mi definivo Cristiano ma non pensavo minimamente di affidare la mia vita e le mie azioni a Gesù, in quanto debole e peccatore confidavo in me stesso e alle mie capacità agendo nell’illegalità.
Dopo un passato turbolento con entrate ed uscite dal carcere, stanco di ciò, ho deciso di dare una svolta alla mia vita, ed ho deciso di tentare di ascoltare la voce di Dio, e Lui ha iniziato a parlare al mio cuore, manifestandosi pure nella mia famiglia.
Un giorno ho iniziato a frequentare all’interno del carcere, quasi per gioco, alcuni incontri di preghiera con dei fratelli laici di Siracusa, e quando si parlava della Parola di Dio, nonostante il ricordo del mio peccato, l’attenzione che prestavo era tanta ma la fede era talmente poca al punto da farmi dubitare se tutto quello di cui si parlava e pregava potesse essere vero.
Infatti le domande che mi ponevo erano : “ ma Dio che messaggio può mandare a me che sono un peccatore e con poca fede? ”. Invece Dio a questi miei interrogativi, incontro dopo incontro, mi dava sempre una risposta alimentando sempre più il desiderio di conoscerlo per affidare la mia vita alla sua volontà. Tutto cambiò quando, avendo noi la possibilità di telefonare solo una volta ogni la settimana ai familiari, vengo a conoscenza che mia moglie Jessica si era recata al pronto soccorso dell’ospedale di Catania perché era stata malissimo. All’inizio non viene fatta alcuna diagnosi e viene dimessa, ma col passare dei giorni il malessere aumentava al punto di ripresentarsi al pronto soccorso, e questa volta le viene diagnosticata un’ernia strozzata con una estesa infezione al punto di farla ricoverare con codice rosso e con l’immediato intervento chirurgico.
Nel frattempo vengo avvertito dai miei familiari della situazione che mia moglie stava vivendo, e mi sono sentito in colpa per non essere vicino a lei in questo delicato momento, non c’è nulla di peggio che sapere di avere la propria moglie malata in un regime di carcerazione, per me era straziante, e nonostante tutto ero fiducioso in una sua immediata guarigione, ma durante il ricovero la febbre ed i dolori all’addome non la lasciavano ed il medico la curava con degli antibiotici che lenivano in parte il dolore. Nonostante ciò fu dimessa in una condizione fisica non del tutto buona e dopo diversi giorni dalla dimissione la febbre invece di diminuire aumentava al punto che di notte è stata di nuovo portata al solito pronto soccorso dove i medici continuavano a somministrarle le solite medicine per abbassare la febbre. I miei genitori preoccupati delle condizioni di mia moglie che peggiorava e della leggerezza con il quale i medici la curavano, decidono di cambiare ospedale, dove riscontrano dei corpi estranei all’interno della ferita dove aveva subito l’intervento chirurgico, praticamente stava andando in setticemia perché il chirurgo aveva dimenticato della garza all’interno della ferita, garza che aveva causato la grave infezione; io ovviamente di tutto questo ne ero a sconoscenza, ma sapevo del grave stato di salute di mia moglie e in cuor mio mi preparavo al peggio.
Ho poi scoperto che il venerdì mia moglie veniva di nuovo operata d’urgenza in un altro ospedale, venerdì è lo stesso giorno in cui alle ore 15,00 facciamo l’incontro di preghiera con i volontari del “Rinnovamento nello Spirito Santo“, dove ho chiesto di pregare per mia moglie, ed è stato proprio in quel momento che ho sentito dentro di me come una fitta che mi stringeva il cuore perché mi sono sentito amato da Dio attraverso quei fratelli che stavano pregando per me.
Durante la successiva settimana ho pregato tantissimo, al punto che spesso piangevo per la mancanza di notizie e per la paura che avevo sull’esito dell’intervento. Il giorno del colloquio sono venuti i miei familiari a trovarmi e mia moglie non c’era, nella mia immaginazione sentivo la voce di mia madre che mi diceva “tua moglie è morta”, il mio corpo era debole, senza forze e senza avere la capacità di reagire ad una simile notizia, ma quando mia mamma ha detto “ vedi che tua moglie è ancora debole, ma si sta riprendendo bene, mi sono sentito rinascere ed ho ringraziato immediatamente Dio con lo stupore di mia madre che mi guardava come se stesse vedendo un’altra persona, ero felicissimo e raggiante nell’apprendere che mia moglie era salva. Oggi, dopo tutto ciò, in me è nato un uomo nuovo con uno Spirito nuovo che mi sta aiutando ad accrescere la mia fede e a farmi pensare che questo luogo di sofferenza qual è il carcere, sta diventando il punto di partenza per affidare a Dio la mia nuova vita nella Sua volontà. Spero che la mia testimonianza possa servire a chi sta attraversando un momento di sofferenza, in particolar modo a chi è nella malattia, senza che ciò ci demoralizzi nelle cose negative che ci capitano nel percorso della nostra vita, ma di affidarsi a Dio essendo noi suoi figli ed essendo Lui Padre misericordioso e pieno di bontà, che non ci abbandona mai, ma ci aiuta e ci sostiene in ogni passo della nostra vita. Prego Dio da carcerato, che ci dia Sapienza ed intelligenza per comprendere la sua Parola e per compiere la sua volontà. Abbi pietà di noi Signore e ti ringrazio di cuore per essermi vicino, “Io confido in Te”.
Alessio