È durato circa un’ora e mezza l’interrogatorio di garanzia del sindaco di Priolo, Pippo Gianni, arrestato lunedì nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Siracusa. Il primo cittadino priolese è entrato nei dettagli delle contestazioni, dando una chiave di lettura differente da quella a cui è pervenuta la Procura. Gianni ha sostanzialmente confermato il quadro accusatorio anche se ha riferito di non avere mai minacciato alcuno né di avere chiesto favori per sé o per persone della sua sfera familiare. Anzi, ha ribadito di avere sollecitato le committenti del polo petrolchimico a tenere in debita considerazione i lavoratori e le imprese priolesi.
Gianni, riferendosi alle presunte pressioni nei confronti dei due funzionari, poi allontanati dalle rispettive mansioni, ha detto di avere agito nel diritto-dovere di amministratore pubblico cui spetta il compito di destinare i funzionari comunali.
“Io non ho interesse di nessun tipo, non mi devo arricchire, non ho figli, parenti, cugini, nipoti”. Se per la difesa dimostrerebbe che Pippo Gianni non abbia mai chiesto nulla per sé ma avrebbe agito per aiutare la collettività e, in particolare, i disoccupati priolesi, per la Procura di Siracusa “costituisce uno strumento ordinario di azione dell’indagato che non teme di lanciare avvertimenti espliciti a coloro che mostrano difficoltà nell’accontentarlo”.
L’avvocato Ezechia Paolo Reale, che difende Gianni, ha preannunciato il ricorso al tribunale del riesame di Catania per l’annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari. Lo farà sulla scorta dell’interrogatorio di garanzia reso dall’indagato.