Siracusa, dietro la notizia: la Procura sequestra il serbatoio deformato all’interno dell’Isab Sud
L’opinione esprime la convinzione di una o più persone che si configura nei confronti di specifici fatti in assenza di precisi elementi di certezza assoluta per stabilirne la sicura verità.
Se volessimo forzare la mano sui mille segreti che si nascondono in 70anni di attività industriale nel Petrolchimico siracusano, l’opzione potrebbe cadere sul fabbisogno del lavoro che diventa più importante della vita, dell’ambiente, degli esseri umani. Gli ambientalisti oggi più che mai diventano la linea di demarcazione in difesa della collettività, prima ancora di chi è preposto dalle istituzioni a vigilare in difesa della salute pubblica contro l’inquinamento selvaggio finalizzato al profitto e nulla più; i sindaci rimangono il più delle volte fuorigioco, pur essendo i responsabili con i poteri derivanti dalla legge che regola la materia, anche se limitati, in difesa della salute pubblica. E se ci sono ancora dubbi su questa tesi, ecco la risposta.
Dopo una serie di esposti e denunce da parte di associazioni, gruppi e comitati ambientalisti operanti nel territorio siracusano, la Procura di Siracusa ha sequestrato il serbatoio deformato oramai diventato famoso ubicato all’interno della raffineria impianti Sud dell’Isab di proprietà della russa Lukoil. Gli uomini del Nictas dell’Asp8 presso la Procura, su ordine dell’Ufficio del Pubblico Ministero, stamane hanno posto i sigilli al vecchio serbatoio di 30mila metri cubi destinato all’accumulo dell’acqua per l’impianto del sistema antinquinamento, oramai in disuso.
Così come già riportato da queste colonne, a seguito delle varie segnalazioni, il Procuratore della Repubblica Sabrina Gambino ha disposto l’apertura di un fascicolo d’indagine per capire che cosa è successo a quell’enorme contenitore metallico dopo che si è contorto notevolmente; fatto denunciato a caldo che ha destato la preoccupazione tra i cittadini di Città Giardino per quelle lamiere deformate del serbatoio ubicato a poche centinaia di metri dalla vecchia Statale 114 che da Siracusa arriva a Priolo, all’interno degli impianti Sud della raffineria Isab di Marina di Melilli. In effetti, il serbatoio è visibilmente deformato, come dimostrato dalle foto inviate subito dopo l’accaduto alla redazione di SrLive da alcuni abitanti di Città Giardino allarmati.
La direzione dell’Isab chiarisce a caldo che si tratta di un vecchio serbatoio per l’accumulo dell’acqua del sistema antincendio in fase di demolizione; deformazione che secondo la direzione dell’Isab sarebbe stata causata dal peso di neve e grandine caduta copiosa a cavallo del Capodanno, con la contemporanea entrata di acqua piovana che avrebbe fatto deformare le lamiere sbilanciando il peso del grosso contenitore metallico; fatto che è stato immediatamente comunicato alla Protezione Civile di Melilli. L’Isab chiarisce che a causa della deformazione delle lamiere i lavori per la demolizione si presentano più complessi, ma tutto avverrà in piena sicurezza. Infatti, a conferma di ciò stamane gli ispettori del Nictas hanno trovato sul luogo la ditta che aveva ricevuto in appalto i lavori di demolizione del contenitore metallico.
Non sono ancora state rese note i motivi del sequestro disposto della Procura. L’attività d’indagine è stata delegata dalla magistratura al personale della sezione di polizia giudiziaria del Nictas dell’azienda sanitaria provinciale, per comprendere quali siano state le cause della deformazione della superficie metallica e parte della fiancata.
Il fascicolo d’inchiesta è stato aperto a seguito della pressante segnalazione fatta dalle associazioni e dai comitati ambientalisti siracusani che hanno attivato un protocollo preliminare agli uffici preposti al controllo dell’inquinamento. Hanno chiesto anche con la richiesta d’intervenire all’ufficio della Protezione Civile del comune di Melilli, l’Arpa di Palermo e Siracusa, alla Prefettura e al Sindaco di Melilli e alla Procura di avviare un procedimento precauzionale di verifica su cosa sia davvero accaduto a quel serbatoio. Le foto hanno fatto in breve tempo il giro dei social destando preoccupazione tra i cittadini visto che si trova a poche centinaia di metri dalla statale 114 che attraversa la zona industriale. Ma negli ambienti industriali si parlerebbe di un possibile uso momentaneo ma improprio del serbatoio incriminato, in cui sarebbero stati stoccati dei fanghi di risulta provenienti dalla raffinazione delle acque reflue del depuratore sito all’interno della raffineria; fanghi che a sua volta sarebbero stati nottetempo travasati in un serbatoio idoneo allo stoccaggio. Deformazione del tetto e della fiancata che si sarebbe formata durante un primo intervento di travaso in un altro serbatoio per effetto del sottovuoto creato durante il pompaggio, creando un collasso laterale. Tocca adesso agli inquirenti e agli investigatori accertare lo stato delle cose e dare una risposta alla domanda che da più parte viene posta: che cosa abbia causato nella realtà la deformazione del serbatoio e perché.
SICILIA TERRA DI MISERIA E DI MAFIA NELLA RICCHEZZA NASCOSTA
“L’umanità non potrà mai vedere la fine dei suoi guai fino a quando gli amanti della saggezza non arriveranno a detenere il potere politico, ovvero i detentori del potere non diventeranno amanti della saggezza”. (Platone)
In Sicilia solo il 17,5% dei circa 438 depuratori sono a norma, mentre gli altri sono privi di autorizzazione, scaduta o hanno ricevuto un diniego allo scarico (dati tratti dal “Report Controlli 2017” dell’ARPA Sicilia).
Occhi puntati da anni sui depuratori della zona industriale siracusana sotto inchiesta dalla Procura di Siracusa; alcuni gestiti direttamente dalle industrie e altri dal depuratore consortile gestito dall’Ias i cui vertici sono coinvolti, insieme ai dirigenti di alcune aziende del petrolchimico, nell’inchiesta denominata “No Fly”, con un numero indefinito di indagati a vario titolo che sta per concludersi.
Ma nello scenario della depurazione insiste l’interesse diretto della mafia dei rifiuti che si muove come una vera e propria holding con forti agganci economici e istituzionali nello smaltimento del percolato prodotto dalle discariche dell’immondizia e dei rifiuti industriali dell’intera Sicilia e di cui si sono interessate diverse Procure distrettuali, come Trapani, Palermo, Messina e Catania. Percolato dirottato a forza verso la Calabria o altre destinazioni, che potrebbe essere smaltito benissimo in impianti della Sicilia, come quello gestito dall’Ias. invece no. Infatti, questa è una delle leve verso lo smaltimento illegale dei rifiuti o il semplice cambio del codice con il giro bolle e fatture “vuote” senza smaltimento e aspettando che la pioggia faccia il lavoro sporco verso il mare. Evidenze venute fuori in varie inchieste giudiziarie in Sicilia e in Calabria e di cui ha parlato spesse volte il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. Ritorna così d’attualità e apre un interrogativo di chi avrebbe deciso qualche anno fa d’interrompere il conferimento, la depurazione e lo smaltimento del percolato e dei rifiuti provenienti dalla molitura delle olive, dei pozzi neri, delle officine meccaniche e tanto altro, nei depuratori della Sicilia, compreso quello della zona industriale Le industrie e i gestori privati delle discariche smaltiscono solo sulla carta; mancano i controlli e il personale preposto è quasi a zero rispetto ai reati che ogni giorno si consumano contro l’ambiente, la vita umana.
Una siffatta condizione svelata da alcune inchieste delle Procure siciliane e calabresi per capire chi è stato ad organizzare il sistema di smaltimento fuori dalla Sicilia i tanti milioni di metri cubi l’anno di percolato e reflui velenosi trasportato in Calabria e smaltito con tariffe obbligate che produce una montagna di euro con l’esorbitante rialzo fin dalla partenza, attraverso una viziata filiera che conformerebbe il connubio tra mediatori, trasportatori e gli impianti di trattamento in Calabria e in altre regioni oltre lo Stretto. Tematiche arrivate sui tavoli dei magistrati catanesi della Dda dal Noe dei carabinieri che hanno consegnato il frutto di un’indagine-gemella all’operazione “Piramidi” sugli intrecci fra mafia, imprenditoria e pubblica amministrazione nel settore dei rifiuti e i dintorni in tutta la Sicilia.
La Sicilia è prigioniera dei rifiuti, i depuratori non depurano e l’inquinamento è fuori controllo. In Sicilia il comparto dei rifiuti è in mano alla mafia. La politica in buona parte è corrotta in connubio con la industrie. L’inquinamento è fuori controllo. La depurazione delle acque si trova in uno stato spaventoso; il 95% degli impianti si trova con le autorizzazioni scadute e la depurazione avviene con il cattivo funzionamento dei siti di smaltimento che non sono a norma.
Concetto Alota
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