“Sistema Siracusa”. Il patteggiamento negato ai 4 imputati tra stupore e confusione

Nell’udienza preliminare per il processo sul “Sistema Siracusa”, ha destato stupore il patteggiamento negato ai 4 imputati dal Gup del Tribunale di Messina, Tiziana Leanza che non ha accolto la pena di patteggiamento concordata. Così come per l’inaspettata rinuncia del patteggiamento dell’imputato principale dell’inchiesta, l’avvocato augustano Piero Amara. Segno che qualcosa non è andata come da desiderata. Udienza Preliminare che è stata rinviata ad oggi a mezzogiorno per la prosecuzione.

Una sorpresa per l’inaspettata decisione del Gup, ma anche tanta confusione generata dalla polemica dai fatti intercorsi nei giorni scorsi; infatti, non è scontato che il giudice terzo confermi i termini del patteggiamento concordato tra il pubblico ministero e l’imputato.

Per i reati commessi l’imputato e il pubblico ministero possonoconcordare tra loro l’applicazione di una pena e i motivi possono essere di varia varie natura, compresa la collaborazione. L’accusato, che sa di essere colpevole o che non vuole affrontare il rischio di un giudizio che lo potrebbe vedere soccombere sotto una forte condanna in assenza di prove a suo favore, può ottenere forti sconti rispetto alla pena che altrimenti subirebbe in seguito a un normale e lungo processo.

La pena, per potersi compiere il patteggiamento, non può superare i 5 anni di reclusione o di arresto. Ma è sempre il giudice ad avere l’ultima decisione, o se ritiene di accogliere la richiesta di patteggiamento avanzata dal Pm e dall’imputato, ad emettere sentenza con la quale applica la pena che i due hanno concordato. Sentenza che non è appellabile.

Per determinare l’ammontare della pena nel patteggiamento si ipotizza un’entità della stessa, ricompresa tra i minimi e i massimi di legge; quindi si applica una riduzione fino a un terzo. Se per un determinato reato il codice penale prevede la pena della reclusione da 2 a 5 anni, imputato e pubblico ministero possono ipotizzare una pena di 3 anni; applicando la riduzione di un terzo, la pena patteggiata, da proporre al giudice e che quest’ultimo dovrà sempre accettare, potrà essere di 2 anni.

Il giudice a sua volta non è tenuto ad accettare in automatico la domanda di patteggiamento; uno dei vantaggi del patteggiamento è quello che consente a imputato e Pm di concordare tra loro la pena, ma non è detto che il giudice terzo accolga tale decisione. Infatti, il giudice può respingere l’istanza di patteggiamento, applicando così una pena maggiore di quella concordata tra Pm e imputato, se ritiene che la pena da questi ultimi scelta non sia bilanciata, congrua ai reati commessi. Ma sua volta il giudice può assolvere l’imputato nonostante l’istanza di patteggiamento.

I vantaggi del patteggiamento: riduzione fino a un terzo della pena; il reato non viene iscritto nel certificato penale che viene fornito a richiesta solo dei privati; non viene applicata la maggior parte delle pene accessorie; l’imputato non deve pagare le spese del processo.

Concetto Alota

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