Sistema Siracusa: la Procura accerchiata dai poteri forti, ma il trasferimento del procuratore Giordano non è scontato

Il trasferimento del procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano,non è un fatto scontato, come si potrebbe evincere dalla confusione mediatica attivata. È opinione diffusa che le accuse, anche se formulate a tratti viziati e in mezzo al tam tam mediatico, non sono per niente gravi.

Giordano ribadisce chiaramente da sempre la propria posizione estraneanelle vicende che hanno determinato il “Sistema Siracusa” (mai indagato o semplicemente incolpato) un clima di veleni, convergendo, per atto dovuto, nel fascicolo d’indagine della Procura di Messina. “Io non ho commesso nulla – dichiara il procuratore Giordano – il mio lavoro è consistito in questi anni di portare avanti l’organizzazione degli uffici; ho coordinato e sovrinteso indagini delicatissime in materie importanti, quali la tutela dell’ambiente, la pubblica amministrazione, la criminalità comune con risultati che sono sotto gli occhi di tutti”. E se la logica ha un senso, si conferma, piaccia oppure no, quello che lui afferma nella sintesi, quando dice che non ci sono più conflitti. Infatti, il marcio è stato scoperto e debellato. Quindi, a rigore di logica, di fatto, il clima è ritornato nella normalità; da ciò il senso dell’invito ai sostituti di informare in maniera collegiale il Csm, allo stesso modo di quando è informato che qualcosa non va.

Pur mantenendo le distanze da tutte le vicende, chi esprime le proprie sensazioni equilibrate, sono gli avvocati. “E’ un momento estremamente delicato per le persone coinvolte e per l’ambiente in se. Ogni commento rischierebbe di risultare stonato. Lasciamo, dunque, libero il consiglio superiore della magistratura di lavorare con serenità alla vicenda così particolare e importante”. E’ il commento, rilasciato al quotidiano “La Sicilia” sulla vicenda, del presidente dell’ordine degli avvocati, Francesco Favi, per il quale “le persone coinvolte meritano il massimo rispetto; il Csm concluda il proprio lavoro con una decisione di qualunque segno sia ma nel più breve tempo possibile nel rispetto, comunque, dei diritti di tutti ma anche nell’ottica di una parola definitiva che permetta di riprendere il dialogo di fiducia con la città”.

Anche le dichiarazioni rilasciate alla “Sicilia” dal presidente della Camera penale “Pier Luigi Romano”, avv. Giuseppe Cristiano rivelano “con determinazione il disagio mio personale e quello degli iscritti. Esigenza essenziale è quella di recuperare la fiducia che i cittadini devono avere nella giustizia”. Gli avvocati penalisti siracusani “si trovano, loro malgrado – dice Cristiano – in un posizione certamente scomoda, dovendo continuare in ogni caso a tutelare gli interessi dei cittadini (imputati o persone offese), relazionandosi giornalmente con gli uffici e con i magistrati della Procura. Siamo, comunque, rispettosi delle persone coinvolte in questa vicenda e attendiamo in maniera asettica l’esito del Csm”.

La genesi di tutto ciò è datata. Ed ecco perché occorre preliminarmente considerare che la provincia di Siracusa da troppi anni è prigioniera, tormentata da un sistema affaristico, politico e giudiziario, in cui ha trovato terreno fertile la politica degli affari dei colletti bianchi in rappresentanza dei poteri forti e buona parte deviata della massoneria: il petrolchimico, le discariche, la raccolta dei rifiuti e i dintorni bui e corrotti della pubblica amministrazione. In pochi, ad onor del vero, hanno compreso in tutto questo tempo che occorreva un impegno unitario, forte e organizzato, coeso a tutti i livelli istituzionali. Ci sono voluti oltre 15anni per scoprire una pentola di acqua sporca in cui bolliva la putrefazione della società e un ambiente giudiziari malato che si nascondeva dietro il paravento della legalità. Ma i maligni giochi non si sono fermati. Le procure di Messina, di Roma e Milano, attivate dagli esposti di chi voleva una giustizia sana e corretta, Siracusa in primis, hanno fatto tabula rasa.

Il trasferimento del procuratore di Siracusa Francesco Paolo Giordanorimane una normale pratica d’incompatibilità aperta già da qualche tempo e che ora è in sofferenza sui tavoli del Plenum del Csm, dopo la richiesta di trasferimento avanzata dalla Prima Commissione dell’Organo di autogoverno della magistratura, delegata a valutare i rapporti, gli esposti, i ricorsi e le doglianze. E a differenza del risultato della Prima Commissione (per le incompatibilità), davanti al Plenum del Csm non è del tutto scontato. A fatto scalpore la notizia con la quale la Commissione, formata dal presidente Antonio Leone (laico) che si è astenuto), Massimo Forciniti (Unicost) relatore, Paola Balducci (laico), Rosario Spina (Unicost), Fabio Napoleone (Movimento per la Giustizia), Lucio Aschettino (Area), ha chiesto al Plenum di trasferire d’ufficio per incompatibilità ambientale il procuratore capo della Procura di Siracusa, Francesco Paolo Giordano. Ma negli ambienti giudiziari e nei salotti della politica romana, si parla insistentemente del “Caso Siracusa”, rappresentando come il Plenum del Csm sul trasferimento del procuratore Giordano si presenta, nella logica dei numeri tra le varie correnti dell’Organo di autogoverno dei magistrati, non del tuto compatto, così come anche negli ambienti giudiziari siracusani: da un lato c’è chi avverte una condizione che dura da anni in una Procura considerata da sempre “calda” e “accerchiata” dai poteri forti per i noti fatti fin dai tempi del procuratore capo Ugo Rossi che fece molto scalpore con le due inchieste, “Veleni in Procura” e “Attacco alla Procura” e i risvolti conseguenti, dall’altro come Giordano abbia regolarmente denunciato (almeno venti volte) con dovizia di particolari e documenti allegati inviati ad ogni ordine e grado, rispettando la gerarchia, dalla Procura Generale di Catania al Csm.

Una maniera senza dubbio corretta, ma da più parti si preferisce tornare al punto di partenza, come a voler scindere il ruolo della Commissione disciplinare per un caso clamoroso con un possibile deficit di diligenza, e quella del Plenum, organo istituzionale dalla visione di un più ampio respiro politico e democratico, basato su una maggioranza che deve difendere ogni possibile strumentalizzazione e gli effetti nella pubblica opinione, oltre al sempre pericoloso precedente che si potrebbe espandere a catena. O come a voler segnare l’analogia tra la pubblica accusa, la difesa e il giudice terzo. Tanti i fatti contestati a seguito degli esposti a Giordano dalla Prima Commissione del Csm e il rimarcare dei sintomi di una lacerazione del rapporto fiduciario con i propri sostituti, o il rilevante appannamento dell’esercizio indipendente e imparziale dell’attività giudiziaria; ma si obietta da più parti che manca l’intervento sui tanti esposti fatti dalla consigliera comunale Simona Princiotta che ha reclamato pubblicamente pochi giorni fa la fine delle sue denunce. Tra le tante domande, se è da considerare grave per la Prima Commissione l’invito a sottoscrive e inviare al Csm un documento da parte di tutti i magistrati della Procura, compreso, gli otto firmatari del primo esposto-denuncia, al fine di comunicare la cessazione delle ostilità (riconosciuta da tutti), con la risposta scontata che si trattava di un dato oggettivo da comunicare al Csm.

Ancora più oneroso, per la stessa Prima Commissione, il fatto che l’avvocato Giuseppe Calafiore è rimasto più di un’ora nell’ufficio del procuratore Giordano, proprio nel giorno in cui la consigliera comunale Simona Princiotta, da lui assistita, accusava con un esposto di gravi reati i sostituti, Antonio Nicastro, Davide Lucignani e Andrea Palmieri; denuncia che doveva essere presentata, invece, presso la Procura di Messina; qui la doppia osservazione percorre la logica che buona parte del tempo poteva essere stato occupato dalla lunga anticamera, e che la consigliera Princiotta ha presentato parecchi esposti alla Procura di Siracusa, che ha indagato a fondo. Come anche le visite di avvocati e altri magistrati nella stanza del Pm Longo in epoca non sospetta. O il tentativo del depistaggio dell’inchiesta sull’Eni della Procura di Milano e tanto altro ancora già arcinoto e ripetuto con il tam tam della cronaca di questi brutti giorni per la Giustizia siracusana e che era stato il pm Longo a gestire, certamente in maniera “garibaldina” la vicenda Eni, ma che Giordano ha subito informato chi di dovere delle anomalie riscontrate. Così come Giordano, nella qualità di capo della Procura, ha presentato un cospicuo numero di note informative contro il Pm Giancarlo Longo e non solo, con documenti e atti allegati che provano la contestuale tempistica e logica deduzione di denuncia, ma anche, per la verità, le sue impressioni positive dal punto di vista dell’esperienza professionale in un contesto di normali rapporti e di non conoscenza di verità scomode che si sono scoperte solo dopo le indagini, nella sua reale gravità.

Insomma, non è del tutto scontato che il procuratore Giordano sarà trasferito con un tratto di penna e a cuore leggero. Le probabilità, a sentire i beni informati, rimangono alla pari; si tratterà, nei fatti pratici, di una scaramuccia sul fil di lana, con un lieve vantaggio logico verso la riconferma a rimanere presso la Procura di Siracusa, fino alla fine del suo mandato.

Rimane comunque il vecchio interrogativo sulle correnti nella magistratura più volte dibattuto, ma è anche vero che gli avversari si accusano sempre a vicenda; il correntismo nella magistratura è sicuramente una patologia da combattere, da sconfiggere, da riordinare, ma dall’interno del sistema giudiziario. Si possono commettere errori, anche gravi. Come può accadere che su delle scelte del Csm soppesino fattori inopportuni come le appartenenze alle correnti, oppure o i localismi territoriali, mentre sarebbe giusto fare sempre l’analisi approfondita fuori dagli schemi del gioco delle parti. Si può essere in disaccordo e discutere per qualsiasi motivo, ma le discussioni si trasformano in litigi furiosi perché a volte e l’odio che ci porta a pensare che il nostro punto di vista sia l’unico possibile, l’unico corretto.

Concetto Alota

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