“Non bisogna essere necessariamente colpevoli per aver paura dei magistrati”, scrive Jorge Louis Borges, e questo perché la Giustizia è fallibile e corruttibile.
Il “Sistema Siracusa” è stato debellato grazie alla denuncia dei Pubblici ministeri che firmarono l’esposto contro l’ex Pm Giancarlo Longo, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e i dintorni del corrotto sistema. Sono: Antonio Nicastro, Magda Guarnaccia, Davide Lucignani, Salvatore Nicola Grillo, Andrea Palmieri, Vincenzo Nitti, Tommaso Pagano, Margherita Brianese.
I quattro cavalieri dell’Apocalisse ovviamente non bastavano a portarela punizione divina a chi era riuscito a ingaggiare più diavoli che uomini, infestando il palazzo; e così arrivano nel silenzio della notte gli otto eroi togati coraggiosi e determinati a sconfiggere quel mostro sinistro che si era impadronito del potere nel palazzo della Giustizia siracusano liberando dall’assedio della corruzione il volgere fluente dei diritti e dei doveri della società civile.
La corruzione nella società moderna implica il tema della legalità e della trasparenza, concentrando le leve che possono creare un sistema anticorruzione, ma anche attivare le azioni nel complicato sistema di processi operativi e comportamentali che siano in grado di creare una rete d’integrità per arginare la corruzione dilagante, attraverso l’immunità dovuta a leggi dello Stato troppo permissive.
Senza quella denuncia degli otto magistrati circostanziata con riferimenti, nomi, cognomi, fatti e circostanze, Siracusa, mezza Italia e paesi esteri, sarebbero rimasti succube di un sistema capace di condizionare la Giustizia degli uomini chissà per quando tempo ancora.
La morale nello spazio silente della magistratura italiana, in cui magistrati e giudici sono finiti in manette o indagati, con tanti casi clamorosi di corruzione, che non è di certo la panacea del male estremo. Gli otto magistrati nel “Caso Siracusa” hanno avviato dal loro interno la rivoluzione con un “repulisti” esploso con tutta la sua potenza, senza stupire in un primo momento chi continuava a suonare sorridendo il pianoforte con la musica stonata della presunzione senza accorgersi che il terreno gli crollava sotto i piedi. Nessuno credeva che magistrati, avvocati e i seguaci dell’attività criminale sarebbero finiti in carcere a Siracusa a poca distanza di un altro filone inquietante chiamato “Veleni in Procura” in cui un procuratore e un altro sostituto finirono trasferiti altrove.
L’esistenza ormai di una dilagante questione morale nella società liquida, senza il necessario zoccolo duro dei valori anche dentro la magistratura italiana, diventa lo sviluppo degli anticorpi all’interno di una categoria sicuramente nei fatti meno auto-clemente di altre. Non fosse altro per gli interrogativi che la stragrande maggioranza di magistrati, davvero servitori dello Stato e vanto delle classi dirigenti di questa superba nazione chiamata Italia; ma rimane la smobilitante visione del ruolo principale teorizzato dai magistrati fedeli al dovere contro la loro stessa vita, senza mai svendere, svilire o barattare il prestigio necessario per continuare ad amministrare la Giustizia, senza condizionamenti dell’isolato “corrotto” di turno che deve essere subito scoperto e annientato.
Concetto Alota