Storia. San Lorenzo da Brindisi: un Frate Cappuccino contro 80mila Turchi

di Giovanni Intravaia

Cappellano dell’armata imperiale d’Ungheria, grande nella sua fede possente, umile nella sua santità francescana, guidò eserciti a difesa del Cristianesimo e li condusse alla vittoria nel nome di Cristo, rinnovando il miracolo di Lepanto.

San Lorenzo da Brindisi, al secolo Giulio Cesare Russo o de Rossi (Brindisi, 22 luglio 1559 – Lisbona, 22 luglio 1619), sacerdote dell’Ordine dei Minori Cappuccini, con la santità della sua vita e con le sue opere a favore della Chiesa Romana e della Cristianità riparò pienamente e magnificamente il disonore che sull’Ordine aveva gettato l’apostasia del vicario generale Bernardino Ochino (1487-1564). Fu beatificato da Pio VI nel 1783 e canonizzato nel 1881 da Leone XIII che lo definisce: “ Dovunque potente in parole ed opere, dovunque esempio di virtù, estirpatore degli errori e dei vizi, difensore della religione, vindice della pontificia autorità”. Giovanni XXIII finalmente lo annoverò fra i Dottori della Chiesa proclamandolo Doctor Apostolicus. Trionfatore degli Eretici – si pensi alla Lutheranismi hypotyposis, apologia della Fede Romana e confutazione degli errori di Lutero- lo fu anche degli Infedeli.

Clemente VIII che di intesa  coll’imperatore Rodolfo II si occupava d’istituire i cappuccini negli stati imperiali di Alemagna e di Boemia, pensò a  Lorenzo per l’esecuzione di questo affare. Undici sacerdoti del suo Ordine e due laici si misero in viaggio sotto la sua direzione e furono accolti a Vienna   dall’arciduca Mattia, fratello dell’imperatore. Patirono qualche opposizione da parte di alcuni cortigiani protestanti, ma non furono impediti, e il primo convento dell’Ordine in Alemagna venne fondato a Vienna con grande solennità. Maggiori ostacoli si levarono per il  convento di Praga , e minori per quello di Gratz.

Veduta l’abilità del p. Lorenzo, l’imperatore lo impiegò in un affare molto diverso e non men difficile. Maometto III, avanzatosi verso il Danubio, mostrava il disegno d’invadere l’Ungheria. Rodolfo levò un esercito e invitò tutti i principi di Alemagna, cattolici e protestanti, a congiungersi con lui per la difesa della cristianità. Ma temendo che i suoi inviti non fossero abbastanza efficaci, mandò loro anche il p. Lorenzo. E il pio cappuccino riuscì felicemente nella sua impresa: tutti i soccorsi domandati furono spediti con celerità, e l’arciduca Mattia fu eletto generalissimo dell’ esercito cristiano. Ma la missione del b. Lorenzo non doveva aver fine con questo, ché il Signore gli riservava un trionfo d’altra matura. A richiesta di Mattia, del nunzio e di alcuni principi confederati, il papa gli comandò di andare all’esercito, affine di contribuire alla vittoria coi suoi consigli e colle sue preghiere. Egli obbedì  .  Appena giunto al campo si ordinò l’esercito in battaglia davanti a lui. Il santo religioso, colla croce in mano arringò i soldati, e li affidò formalmente di sicura vittoria , indi li preparò al combattimento colla preghiera e la penitenza. Il giorno della battaglia, il capitano supremo dei Turchi presentò ottantamila uomini; il generale dei cristiani non ne aveva che diciottomila. Sorpresi da tale differenza, alcuni ufficiali dell’imperatore, anche dei più intrepidi, consigliavano di operar con prudenza e di ritirarsi nell’interno del paese. Avendo l’arciduca chiamalo al consiglio il p. Lorenzo, egli v’andò, fu della opinione di dar battaglia e per la seconda volta assicurò l’assemblea di una compiuta vittoria. Avendo una tal risposta scemato i timori, si risolvette di venir subito a giornata, e si ordinarono le milizie a battaglia.

Il p. Lorenzo, a cavallo, si pose nella prima linea vestito del suo abito religioso. Allora, sollevando un crocifisso, si volse alle schiere e parlò ad esse con tanta forza che non vollero aspettar l’assalto dei Turchi. Questi dal canto loro ricevettero con fermezza i cristiani, e lo scontro fu terribile. Il p. Lorenzo fu per breve istante intorniato dagli infedeli; ma i colonnelli Rosbourg e Altain, accorsi per difenderlo, lo trassero dal pericolo e lo scongiurarono di ritirarsi, dicendogli che non era quello il suo posto. «Voi v’ingannate – rispose egli ad alta voce- io devo star qui, avanti, avanti, e la vittoria sarà nostra!». I cristiani ricominciano la carica, e il nemico, percosso da terrore, si dà alla fuga da tutte parti. Questa battaglia fu data l’11 ottobre 1611 [la battaglia di Albareale, ndr]. Il 14 dello stesso mese ne fu combattuta un’altra con vittoria dei cristiani, a tal che i Turchi si ritrassero al di là del Danubio dopo perduti trentamila uomini. Non è possibile di esprimere i sentimenti di ammirazione che il p. Lorenzo aveva ispirato ai capitani ed ai soldati.

Il duca di Mercoeur, che comandava sotto l’arciduca, dichiarò che questo santo religioso aveva operato più esso solo in quella guerra che non tutto insieme l’esercito, e che dopo Dio e la s. Vergine bisognava attribuire a lui le due vittorie. Nella cerimonia della beatificazione del p. Lorenzo un tal memorabile avvenimento fu rappresentato in un quadro posto sopra la porta principale del Vaticano. Al di sotto si leggeva in lettere d’oro una iscrizione latina, di cui diamo la traduzione: «Trovandosi l’Austria nel più grave pericolo, il b. Lorenzo da Brindisi, colla croce in mano, spaventa e mette in fuga i nemici del nome cristiano».

(Storia universale della chiesa cattolica dal principio del mondo sino ai dì nostri dell’abate Rohrbacher).

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